Da anni l’ex senatore della Repubblica Gianni Battaglia siede al consiglio di amministrazione del Consorzio Universitario, l’istituzione il cui fallimento è emblema del puerile sogno del riscatto degli iblei. Si insediò insieme agli altri deputati della provincia eccitando la fandonia che occorresse un’amministrazione controllata da tutti i parlamentari a garanzia dell’interesse collettivo. Il risultato di tale governo trasversale è sotto gli occhi: 3 facoltà chiuse, pigrizia e difficoltà degli enti locali a reperire i fondi necessari a mantenere lingue, e, infine, il fantasma del quarto polo a cui si erano disperatamente e pateticamente attaccati lo stesso Battaglia – per dare un senso alla sua permanenza in consiglio – e l’intera rete di servaggio che ha tenuto in vita il modello Ragusa. Il Partito democratico ha dimostrato in questa vicenda tutti i limiti di un moderatismo il cui unico effetto è stato confondere le intelligenze e le coscienze della terna iscritti, simpatizzanti ed elettori. Il Pd non approvava, non aveva deliberato, non aveva segnalato il nome, – ricordiano che Gianni Battaglia siede in quel consiglio di amministrazione per volontà di Nello Dipasquale – e comunque non interveniva in sciamanica attesa. Le tensioni interne al Pd e soprattutto la rottura tra la maggioranza degli iscritti di Ragusa e Modica con il segretario provinciale Salvo Zago hanno costretto, dopo richieste durate anni e concretizzatesi sette mesi fa, a mettere all’ordine del giorno del direttivo provinciale la questione delle dimissioni di Gianni Battaglia. L’appuntamento era atteso questo lunedì 28. Il momento di chiarezza, discussione e decisione, però, è saltato. In una lettera Salvo Zago ha rinviato l’incontro a data da destinarsi, senza dare spiegazione alcuna. I vertici, quelli che contano – non quelli democraticamente eletti nel partito – insomma deputati in carica ed ex vogliono trovare una intesa. Il Gianni Letta di questa squallida operazione salvataggio è Giorgio Chessari che si è recato a Comiso dal deputato regionale Digiacomo prospettandogli di imbastire una trattativa parallela – naturalmente più discreta di un direttivo provinciale – per trovare un accordo con Battaglia. L’intervento di Giorgio Chessari non può essere considerato prudente, o opportuno, o felice. Il disagio e la rabbia nel popolo di sinistra per la spartizione di poltrone al Consorzio universitario – divenuta poi, nei fatti, l’occasione per concedersi con soldi pubblici un gettone riparatorio – sono stati e sono profondi ed hanno segnato la linea di demarcazione tra il sentimento popolare e la casta del Pd. La partecipazione di Gianni Battaglia alla gestione fallimentare dell’università, per nome e per conto del duo Dipasquale – Antoci, era materia di giudizio politico ed ha trascinato l’elettorato di sinistra nello sconforto e a volte nell’antipolitica. Non siamo maestri e cultori di statistica, ma pensare che il caso Battaglia non abbia inciso anche nel brutto risultato elettorale della sinistra ragusana alle amministrative è senz’altro sbrigativo. Non era l’immagine del più grande partito della sinistra che veniva intaccata, era l’anima della sinistra che era andata perduta e venduta in cambio di nulla. La mobilitazione di Giorgio Chessari che cerca la via del summit segreto certifica la incomprensione del “padre nobile” della sinistra ragusana verso quella molteplicità di passioni che stanno riforgiando la sinistra contemporanea la quale chiede cambiamenti di sostanza. La forma escogitata da Chessari è veramente vecchia e non porta beneficio alcuno se non il misero occultamento di una stagione – che ancora si protrae – di connivenza e di rassegnato abbandono alla cultura declinante di un fenomeno come Nello Dipasquale. La richiesta di dimissioni di Battaglia dal Consorzio universitario non è da vivere come un sussulto giacobino; è solo un atto dovuto poiché il giudizio del Pd sull’operato di Dipasquale ed Antoci è inequivocabile e deve essere, stavolta sì, tranciante come una ghigliottina per ridare la possibilità a noi cittadini di comprendere meglio il futuro che si delinea peggiore.
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