Dopo sette anni lo torna, restaurato, nella sua sede originaria. Per collocarlo al suo posto, sopra l’arco del portale di ingresso principale, c’è voluta una gru e una mattinata ed un pomeriggio di intenso lavoro, dal momento che lo stemma pesa ben 1300 chilogrammi. L’elemento architettonico sette anni fa, in occasione del restauro della facciata del monumento, era stato prelevato e collocato in una sede provvisoria, ovvero la prima delle cinque piazzole di sosta che si trovano lungo la scalinata di San Giorgio, che costeggia la chiesa sul lato della Sacrestia. Nel giugno del 2011 il committente, il parroco Pietro Floridia aveva affidato il restauro, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza, alla ditta Arte e restauri di Vittoria. Da quel momento, lo stemma è stato prelevato per essere portato nel laboratorio di restauro. Giovedì si è concluso il peregrinare dell’elemento costruito nella seconda metà del Settecento in pietra pece (detta anche asfaltica), che è la roccia calcarea impregnata di bitume tipica del territorio ibleo. Complesso è stato il restauro, come anche l’operazione di montaggio, che si è conclusa a metà pomeriggio. “L’intervento ha riguardato essenzialmente la pulitura e il consolidamento del materiale originario – spiega la restauratrice Marinella Cataldi – e ha curato l’esecuzione di tutte quelle operazioni indispensabili alla salvaguardia e alla conservazione dei manufatti”. Prima di procedere al restauro, sono state eseguite le indagini diagnostiche e le analisi petrografiche e chimico fisiche. “Abbiamo fatto una generale pulizia dei depositi incoerenti con l’ausilio di spazzole a setole morbide e il lavaggio con acqua demineralizzata e tensioattivi, e prima abbiamo eseguito un pre-consolidamento con silicato di etile localizzato. I pezzi che erano distaccati sono stati puliti e poi incollati con resine epossidiche bicomponenti. Inoltre – ha detto ancora la Cataldi – abbiamo inserito perni passanti in acciaio per l’ancoraggio dei pezzi”. L’intervento è stato finanziato con i fondi della legge 61, integrati con una perizia di variante. Una parte importante del restauro è stata rappresentata dalla rimozione di vecchie stuccature e rifacimenti in malta cementizia, praticamente cemento e ferro utilizzati in precedenti restauri. “Cemento e ferro sono incompatibili con la pietra pece – spiega l’architetto Laura Baragiola, direttrice dei lavori – così ogni nuova integrazione dei pezzi non più esistenti è stata fatta con lo stesso materiale lapideo, scolpito dallo scultore vittoriese Pace e il collegamento con il preesistente è stato realizzato in maniera tale che si vedesse l’aggancio tra il vecchio e il nuovo”. Le lacune e le parti mancanti interessavano la corona, la testa del putto sinistro e la ghirlanda di destra. Per riposizionarlo, lo stemma è stato ingabbiato e intelaiato, e così sollevato dalla gru. Adesso l’elemento è stato posto in posizione quasi verticale, ma leggermente inclinata, in modo tale che, chi dal basso lo osserva, potrà vederlo agevolmente.
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