Parole forti quelle usate da don Fortunato Di Noto, il fondatore di Meter, associazione che da vent’anni lotta contro gli abusi e le violenze sui minori, ha pronunciato in piazza San Giovanni a Ragusa. L’assemblea regionale ha tagliato notevolmente il contributo, costringendo l’associazione a chiudere la sede di Ragusa, anche se il gruppo continuerà a lavorare. “Lo faremo qui, in questa piazza – ha detto il sacerdote che si è formato proprio nel capoluogo ibleo -. Non siamo qui per chiedere denaro, ma per far conoscere ai cittadini la situazione. La commissione Bilancio dell’Ars ha deciso, – ha continuato don Di Noto – nel silenzio generale di una maggioranza sorda e disattenta, di erogare un contributo di soli 63mila euro. Il governatore Lombardo ne ha promessi altrettanti – e di questo ne siamo fiduciosi -, ma da tre anni subiamo decurtazioni in silenzio. Ora è arrivato il momento di non tacere – ha detto ancora con Fortunato Di Noto -, non possiamo rimanere sempre spettatori della penalizzazione di risorse per infanzia, famiglia, persone deboli”. L’incontro è stato caratterizzato anche per la lettura del terribile racconto di una donna ragusana, che oggi ha una quarantina d’anni. Un racconto inserito nel libro “Abbiamo ritrovato la vita”, di don Fortunato. “Tutto – si legge nel volume edito dalla San Paolo – ha inizio intorno all’età di otto-nove anni. Mio padre comincia a rivolgere nei miei confronti particolari attenzione. Attenzioni inopportune, che non possono essere considerate le normali attenzioni di un padre nei confronti della figlia. Inizialmente trattasi di carezze intime, ben presto trasformatesi in richieste di reciproche carezze. Intorno ai dodici anni le sue richieste si fanno sempre più insistenti fino ad arrivare – si legge ancora nel libro di don Fortunato Di Noto – a rapporti sessuali completi… Non ricordo i dettagli degli abusi, non ricordo le sensazioni o le emozioni provate. Ricordo in maniera nitida il primo episodio, ma ho un’immagine confusa riguardo agli altri incontri con mio padre… Ho inoltre un’immagine molto confusa sul ruolo di mia madre in tutta questa vicenda… Preferisco credere – prosegue il racconto – che non si fosse mai accorta di nulla, fino a quella volta in cui è entrata nella stanza e ha assistito all’abuso… da quel momento, tuttavia, mia madre non ha mai parlato con me di ciò che era accaduto – si legge ancora nel racconto -, di ciò che aveva visto, quasi non le toccasse neanche intervenire nella situazione, quasi non fosse suo diritto prima che un dovere”. Una storia drammatica, che don Fortunato ha voluto che si leggesse, per ricordare che “queste cose”, possono accadere anche a Ragusa.