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11/08/2012 -

Ambiente/Economia e Finanza/Società/

RAGUSA, L’ALTRA FACCIA DELL’AGRICOLTURA AGRITURISMO E TURISMO RURALE IN CRESCITA

Un vero e proprio boom nel ragusano di strutture ricettive in aperta campagna dedite anche alla ristorazione. L’agriturismo e, in alcuni casi, il turismo rurale, ha consentito alle aziende agricole, i cui bilanci sono in rosso, di avere un reddito aggiuntivo certo. Sono 59 gli agriturismo che operano negli iblei di cui 56 già dotati di autorizzazioni da parte del Comune. L’agriturismo è una attività complementare a quella agricola. Quest’ultima deve, in ogni caso, essere preminente rispetto a quella agrituristica. L’agriturismo può essere esercitato nell’ambito delle attività connesse a quella agricola, esclusivamente in aziende che risultano iscritte al registro delle imprese presso la Camera di Commercio. Il “tempo lavoro” dedicato all’attività agricola deve comunque essere superiore o al massimo uguale al tempo lavoro dedicato dall’imprenditore all’attività agrituristica. Con la nuova programmazione Psr 2007-2013 sono stati pubblicati due bandi nel 2010 con la misura 311 azione A – agriturismo. Complessivamente i progetti finanziati sono 25 con un contributo concesso di 7 mlioni di euro. “Si evince che l’agriturismo nonostante la crisi che coinvolge l’agricoltura nel complesso, rappresenta un valido aiuto all’impresa agricola – spiega il dirigente capo dell’ispettorato all’agricoltura di Ragusa, Giorgio Carpenzano -. Il numero dei posti letto e della ristorazione già realizzati e da realizzare si ritiene possa differenziare e qualificare l’offerta di ricettività turistica culturale in provincia di Ragusa. L’agriturismo è rivolto esclusivamente a valorizzare i fabbricati esistenti che una volta erano destinati all’attività agricola ma che oggi – ha dichiarato ancora Carpenzano -, per caratteristiche intrinseche, sono obsoleti”. Edifici con porte strette, gradini, piccole dimensioni degli ambienti, sono inadatti all’attività agricola moderna e pertanto destinati al degrado. “Il recupero di questi edifici rurali con il tipico ‘baglio’ – aggiunge Raimondo Floridia, dirigente dell’unità operativa 142 dell’ispettorato all’agricoltura – le aie pavimentate con le basole di pietra, i mulini ad acqua, i frantoi oleari, i vecchi palmenti, le stalle, i silos di pietra, i muri a secco, costruiti sapientemente dalle maestranze locali con il tipico calcare duro dell’altopiano Ibleo, senza l’intervento agrituristico tendente al recupero degli stessi ed una nuova destinazione produttiva – ha detto ancora Floridia -, sarebbero stati irrimediabilmente persi, con un grave danno per le future generazioni”. La normativa agrituristica infatti privilegia il recupero degli edifici con l’utilizzo dei materiali tradizionali, il risparmio energetico, idrico e la razionale gestione dei rifiuti. Queste testimonianze del passato servono oltretutto a rivitalizzare l’ambiente agricolo e favorire la permanenza di giovani in agricoltura.

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