Tremila morti in un anno in Italia. Più di una inondazione. Più di un terremoto. Quasi un bollettino di guerra. Sono gli effetti deleteri del radon, un gas radioattivo, incolore e inodore, presente in concentrazioni variabili nel sottosuolo. Su cui, però, i riflettori non sono quasi mai puntati. E questa carenza di informazione determina comportamenti non appropriati. Anche e soprattutto nella costruzione di nuovi edifici. E’ il senso dell’allarme lanciato venerdì mattina nel corso del seminario formativo sul tema “Il radon nei fabbricati” promosso dall’Associazione geologi liberi professionisti della provincia di Ragusa e tenutosi al Centro direzionale del Consorzio Asi, nel capoluogo ibleo. Il biologo Carlo Grandi, esperto in valutazione e gestione rischi da radiazioni, ha precisato che si stima come il radon sia la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta. Nelle situazioni in cui dopo aver effettuato una misurazione si dovesse rivelare una concentrazione di radon superiore ai livelli di riferimento è opportuno effettuare degli interventi di bonifica. Oggi è possibile effettuare uno screening autonomo dei propri locali (consigliabile soprattutto nei seminterrati e nelle cantine) attraverso dei dosimetri economici. In pochi mesi si riescono ad ottenere risposte specifiche circa la presenza o meno del gas. Carmela Vaccaro, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Ferrara, ha chiarito gli aspetti geologici, l’origine e la diffusione di un gas che all’aperto si disperde rapidamente mentre negli ambienti chiusi e non areati può raggiungere valori molto elevati. Riflettori puntati anche sulla realtà della provincia di Ragusa, dopo la presentazione del Piano radon in Sicilia da parte di Antonio Conti dell’Arpa regionale. Rosario Mineo del settore Geologia e Geognostica della Provincia regionale di Ragusa ha spiegato che da circa nove anni vengono effettuate una serie di rilevazioni grazie alla presenza di una rete di stazioni nel sottosuolo. Emerge che la concentrazione più elevata si registra in prossimità di faglie. Mineo ha precisato che sta per essere portato a termine il progetto del rilevamento delle concentrazioni del radon nelle abitazioni dei territori provinciali, con circa cinquecento edifici sotto indagine soltanto nell’area iblea. “Una enormità – aggiunge ancora – se si considera che appena qualche anno fa erano cinquemila in tutta Italia”. Le soluzioni? Ad illustrarle ci ha pensato Giovanni Zannoni, del Dipartimento di architettura dell’Università di Ferrara. “Nelle nuove costruzioni – ha spiegato – il modo più semplice è di realizzare una membrana che separi la casa dal terreno. Ci sono delle membrane radon certificate, anche se abbastanza costose, 6-7 euro al metro quadrato. Ma anche una normale membrana bituminosa, magari un poco spessa, che non si rompa durante la messa in opera, riesce a compiere lo stesso un ottimo lavoro di protezione. Non esiste ancora una informazione capillare e una sensibilità adeguata rispetto alla presenza di un rischio reale e concreto.