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09/05/2014 -

Cronaca/

Un’altra testimonianza alla Polizia di un esule sbarcato a Pozzallo

Sbarco eritreiDurante le operazioni d’imbarco i libici ci picchiavano violentemente spingendoci verso l’acqua per farci salire sul gommone. Quasi tutti avevano dei grossi bastoni che usavano per colpirci anche nel momento in cui mettevamo piede sul gommone. Siamo stati ammassati sul natante che hanno poi spinto verso il largo e siamo partiti. Alle prime luci dell’alba mi sono accorto che uno dei miei compagni di viaggio, che era vicino a me, credo fosse eritreo, era privo di vita. Non mi sono accorto prima del suo decesso in quanto lo stesso assumeva sul gommone la posizione supina, tanto da farmi capire che si era addormentato appena dopo essere salito sul gommone. Nessuno di noi ha avuto il coraggio di toccarlo e l’abbiamo lasciato dov’era, anzi alcuni sono stati costretti a sedersi sopra le sue gambe perché non c’era spazio sul gommone. Abbiamo continuato la navigazione fino al primo pomeriggio, quando siamo stati soccorsi e trasbordati su una nave della Marina Italiana. In Libia sono stato condotto presso un capannone, dove trovavo altra tanta gente ad aspettare; durante la permanenza in quel capannone i libici erano soliti picchiarci anche per futili motivi con grossi bastoni, il mangiare era scarso come del resto anche l’acqua. Sono stato prelevato con una macchina insieme ad altri miei connazionali, però poi siccome c’era tanto traffico sulla strada, per paura che la polizia Libica ci fermasse per dei controlli, i libici ci hanno fatto scendere e fatto incamminare per svariati chilometri per poter raggiungere la spiaggia. Arrivati su quella spiaggia ad attenderci vi erano già pronti due gommoni, ed altri personaggi libici: gli stessi hanno cominciato a metterci in fila per uno per farci imbarcare su uno di questi gommoni già pronti. Ad un tratto senza spiegazioni i libici cominciavano a picchiarci con dei bastoni per affrettare le operazioni di imbarco. Durante queste operazioni vedevo che un ragazzo veniva colpito violentemente al collo, cadendo all’interno del gommone, ma non mi rendevo conto delle sue condizioni. Sul gommone venivo sistemato a poppa, in prossimità del motore dove vi si trovavano circa 5 o 6 bidoni di benzina che servivano per il viaggio. Durante il viaggio lo scafista mi diceva di prendere un bidone di benzina per proseguire il viaggio, ma il bidone si è aperto e mi è cascata la benzina addosso, per questo ho parte dell’addome bruciato. E’ anche possibile che parte della benzina sia cascata addosso al ragazzo che giaceva immobile vicino a me. Abbiamo navigato per circa 14-15 ore senza avere nè cibo nè acqua, poi ho notato un elicottero che ci aveva avvistato e ci sorvolava sopra, prima di questo avvistamento notavo che chi conduceva il gommone usava degli strumenti tipo la bussola per mantenere la rotta, ed un telefonino che usava per chiamare aiuto, in lingua inglese alle autorità italiane”. Testimonianza rilasciata alla Polizia per le indagini sulla morte di un giovane eritreo

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