Trasmettiamo il testo integrale, della lettera scritta da don Fortunato Di Noto, presidente e fondatore dell’Associazione Meter Onlus, in attesa che le indagini chiariscano altri delicati aspetti dell’uccisione dei piccolo Andrea Loris. “Se mettiamo le mani attorno al collo di un bambino, se pensiamo che delle mani hanno bloccato i movimenti liberi di un bambino, se hai strozzato il grido di un innocente, se è stato buttarlo giù da tre metri in un burrone, se si pensa che è un gioco finito male, se qualcuno può scrivere che anche prima questo bambino era abusato (fatti mai emersi e mai verificati!), se molti vedono un bambino che gira solo e senza meta in una piazza durante le ore scolastiche (lo faceva altre volte, perché vivace), se ora – molti dicono – è bene che ci sia silenzio, che non se ne parli, perché è bene non essere triturati (giustamente!) nel tritacarne mediatico, se è bene che non si dica – quasi ci solleviamo sul fatto che non ci sono né orchi e né mostri – che possa esserci l’ombra della pedofilia e che non si sono mai verificati episodi di violenza sessuale, se ci rasserena quasi che in fondo è stato ‘solo’ strangolato, che non c’è stato spargimento di sangue, ecco c’è da pensare che quelle mani messe addosso al collo non sono mani di un pedofilo. E se qualcuno può crearsi una pagina per dire sui social “RIP” (riposi in pace, e con una foto che ti rimanda ai risultati di calcio), pagina segnalata per giusto dovere da Meter, ieri dopo pochi minuti della sua esistenza. E chi ne ha più ne metta, ci spinge a rivedere i clichè di altri drammatici episodi simili di bambini uccisi e poi dimenticati. Perché – in fondo abbiamo bisogno di questo – che presto, prestissimo tutto ritorni e cada nel silenzio. E si ha questa sensazione, che copre tutte le nostre paure. Ma di questo ci siamo stancati ma non rassegnati. Il dolore dei genitori, e quel mazzo di fiori o i palloncini con elio che non ci saranno più. Un vuoto che non si riempirà. Un’assenza che sarà ricordata dal dolore delle madri di Rama perché mi viene di ascoltare un grido – quello di Andrea – mentre veniva strangolato e ucciso e poi un altro, quello della madre, di suo padre: « Un grido si è udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più». (Matteo 2,18) Ecco in fondo vorremmo che tutto si consumasse nella consolazione di un incidente, ma a quanto pare non è così. Perché – se sarà possibile accertare chi e cosa è stato, cosa sia successo realmente – riusciremmo forse , in maniera indiretta a dare un volto e un nome ai tanti strangolatori e abusatori di bambini: pensiamo a Francesco Ferreri, alla piccola Fortuna Loffredo e Antonio Giglio – nel napoletano; ai tanti, molti che non hanno mai avuto giustizia, ma solo mani che hanno violato la loro innocenza, la loro semplicità, la loro non malizia: perché si tratta di innocente e piccola umanità, bisognosi forse più di ieri di amore, di vigilanza, di protezione. Retorica. Solo parole? Pensiamo che nessun bambino dovrebbero essere non amato (e questa è la pura pedofilia, anche quella criminale: perché la pedofilia non è amore!) e racchiude le forme più estreme di un falso e assurdo e pretestuoso amore. Che può arrivare a strangolare l’amore di un innocente, che vuole prendere a pugni la vita, ma che nonostante i calci, gli strattonamenti non desiderati, non è stato capace di mettere KO (kappa o) il suo aggressore. Ma almeno abbia il coraggio di riportare lo zainetto, dove, penso i colori e le matite che servivano a disegnare i sogni di un bambino possano essere utilizzati nuovamente perché chi lo amava veramente possa ridisegnare ancora quel futuro spezzato. E chiunque tu/voi siate stati, se hai/avete un cuore consegnati/consegnatevi alla giustizia e Dio, Padre buono e di misericordia abbia pietà di te/di voi”.