Ci sono momenti nella vita di una comunità in cui deve scattare il pensiero autonomo, quello che sorge dall’intelligenza, dalla memoria, dal buon senso, dal cuore, per capire quel che accade intorno a noi e quindi interrompere – se necessario – il legame obbediente e di fiducia con gli apparati di sistema. Abbiamo creduto che fosse cosa buona e giusta razionalizzare la spesa pubblica, non sprecare risorse, puntare all’efficienza, ma quando si tira fuori – come nel caso del direttore Aricò – una rivisitazione dei servizi ospedalieri che è solo una rimescolata, un pasticcio, uno zuccherino lanciato per addolcire e tenere speranzosi gli umori di qualche primario, un gesto di rispetto per ridare un minimo di senso alla esistenza politica di qualche deputato, allora serve un no fortissimo. Il racconto è semplice. Gli ospedali funzionano – dicono Stato e Regione – su un modello organizzativo piramidale che risponde a due principi: funzionalità e risparmio. Attorno ad una struttura centrale, un hub, devono conferire le strutture periferiche. Su questa base, da un trentennio, si lavora affinchè Ragusa sia con il nuovo ospedale – il monoblocco – il centro provinciale dove gli ospedali dei due versanti, modicano e ipparino, possano confluire per garantire al paziente un livello superiore di assistenza. Il sistema piramidale è una realtà ed infatti sappiamo che non tutti gli ospedali hanno macchinari pesanti (tac, pet, risonanze, angiografi) e che non tutti gli ospedali hanno reparti di cardiochirurgia e neurochirurgia. La logica della razionalizzazione è quindi quella di accentrare i presidi per permettere che le patologie particolari e gravi che richiedono eccellenza, personale, macchinari, siano affrontabili in un’unica struttura. Ragusa per la scelta del monoblocco, per la sua posizione geografica, per la sua storia ospedaliera, era ed è un hub provinciale. Ed invece la piramide è crollata e la rete ospedaliera si sparpaglia, si decentra, si raddoppia, si moltiplica. Esempio. A Vittoria hanno creato un centro di stroke unit, per affrontare l’ictus. Benissimo, se ti capita l’ictus a Vittoria ok, va peggio però per un ragusano e malissimo per un modicano, e, fra l’altro, a Vittoria – e qui si capisce l’irrazionalità ed il pasticcio – non c’è una guardia radiologica e i medici che devono accertare l’ictus sono solo reperibili, insomma non c’è un servizio h24. E così tutto lo sforzo nazionale per contenere i costi va a farsi benedire in nome del contentino. Stessa gentilezza per Modica dove hanno spostato la nefrologia che era nata a Ragusa e che qui era collegata all’urologia. Si ripete la formula, sempre validissima, di quanto culo ci vuole in certe situazioni: se sei a Modica ok, maluccio per i ragusani, malissimo per i vittoriesi. Ecco allora la solita catena, abbiamo cittadini di tre serie: A , B, C. Altro esempio. A Ragusa c’era il reparto malattie infettive: l’hanno tolto lasciando solo quello di Modica, non perché non funzionasse, bensì perché era andato in pensione il primario. Forse sarebbe stato più logico spostare un primario e non il reparto. Ovunque scelte ballerine. Ci immaginiamo Aricò tirato di qua e di là per la giacchetta, strozzato dall’elastico del cravattino, che riesce in quel di Palermo a dimostrare che ha dato il massimo, ha distribuito quel che poteva con coscienza certosina, senza fare torti, senza esagerare. Altro che Cencelli! Non è un caso che i deputati, a parte qualche mormorio, son tutti paghi: Di Giacomo plaude; Dipasquale approva e non ritiene di difendere Ragusa – lui dalla sanità ha già ricevuto assai con la direzione generale al suo amico primario Iacono; la Padua e Orazio Ragusa ottengono di prolungare l’agonia cronica dell’ospedale di Scicli destinato alla lungodegenza. E la gestione efficiente, razionale, moderna, dov’è finita? Non vale più e chi se ne frega se sono stati spesi 50 milioni di euro per il nuovo ospedale di Puntarazzi svuotato sul nascere? Si dirà: almeno si è salvata Oncologia. Un giochetto. Lanciare l’allarme della chiusura è servito come mossa tattica per poi dire che Ragusa era stata salvaguardata. Cosa c’è di equilibrato nel tenere una radioterapia ad Ibla e una pet al nuovo ospedale, con pazienti che soffrono di tumore sbattuti in ambulanza da Ibla a Puntarazzi? Stessi viaggi dell’assurdo per le provette di analisi frullate per chilometri. Perché non si affrontano problemi sempre attuali come quello della chirurgia del Civile di Ragusa dove si va avanti con le pezze chiamando primari senza riuscire però a formare una intera equipe? Perché non si tocca mai l’apparato amministrativo della rete ospedaliera, un gigante inviolabile? Fa benissimo il sindaco Federico Piccitto a chiamare la città di Ragusa in assemblea, ha ragione il consiglio comunale con tutti le forze rappresentative della comunità a gridare no a questo piano. Non c’entra il campanilismo e la ragusanità, c’entra l’onestà politica. Se ci sono i soldi possiamo fare reparti in ogni ospedale, in ogni frazione, in ogni contrada; lo vorremmo, sarebbe meraviglioso. La storia è un’altra, il Paese è un altro, la crisi pretende altro. Forse si è sbagliato nelle concezioni, nelle progettazioni, negli investimenti: avevamo un ospedale grandissimo, quello di Ibla, che ristrutturato avrebbe potuto ospitare due nosocomi, ed invece in modo trasversale tutti i partiti ci hanno convinto che era cosa giusta costruire questo capolavoro: un elefante morto, a queste condizioni. Abbiamo il cervello bombardato ogni giorno dall’esigenza di stringere, di ottimizzare, di tagliare senza mortificare i servizi, qual è la visione di Crocetta, di Arico di Digiacomo? Ragusa vuole una risposta sul suo futuro. Non si può continuare a subire la stupidità e l’incoerenza di un sistema privo di respiro che si nutre della nostra cecità, della nostra impotenza.