La graziosissima giornalista Laura Curella ha sollevato sulla stampa uno scandalo: una festa di compleanno organizzata a Ragusa all’auditorium San Vincenzo Ferreri su richiesta di un cittadino ragusano che però aveva presentato l’istanza dichiarando che si trattava di un evento culturale con esibizione musicale. Risultato: un bene pubblico di grande rilevanza architettonica insudiciato nel profondo, a iniziare dal pavimento. La vicenda è gustosissima perché mette a confronto il bel mondo ragusano – vecchi e nuovi ricconi, imprenditori rampanti, berlusconiani in attività, in fuga, e camuffati – e i cinque stelle. Partiamo dai festaioli, circa 200. Attore principale Pinuccio Larosa, ristoratore, divenuto, sotto Nello Dipasquale, un punto di riferimento dell’allegra compagnia della fascia dei quarantenni -un decennio fa- eccitati dal sogno neoliberista e convinti di potere dominare la città imponendo un ritmo ed uno stile da “Ragusa da bere”, in una forma di dionisiaco rifiuto della realtà fatta purtroppo di immensa periferia dei luoghi e dei cervelli. E’ lui, Pinuccio Larosa, che, allo scoccare dei 50 anni, pensa di approfittare delle possibilità offerte dalla pubblica amministrazione per chiedere l’uso di San Vincenzo Ferreri e invitare la “crème de la crème” per una serata lussuosissima. Non per esagerare, ma essendo l’ambientino di un certo stampo, si potrebbe usare il termine dell’ei fu Presidente: una cena elegante. No, andiamo piano… non c’erano puttane dai seni puntuti che si offrivano ai partecipanti; c’erano solo Giovanni Mauro, Gianni Occhipinti, Maurizio Tumino, Nello Dipasquale, Antonio Aggius Vella, Saro Dibennardo, Saro Alescio, Nitto Rosso… Li conosciamo: gente che crede fortissimamente nelle infinite potenzialità dell’uomo; dei veri alpinisti pronti a sfidare l’impossibile pur di raggiungere traguardi e successi. Insomma, erano tutti lì, pienamente soddisfatti dell’esclusività della serata, inebriati dalle prelibate vivande e da quei muri solidi, secolari, che trasfondevano la sensazione corporea dell’unicità vissuta in quei momenti. E’ superfluo soffermarsi sul tipo di ricevimento e sulla vastità del buffet e sull’ottimo champagne, e sulla musica, e sulle danze, e sui vestiti… UN SCIOGNO, per dirla alla Briatore. E ora passiamo al risveglio. Auditorium “lurdu”, per la serie pulisce Pantalone, e un consigliere grillino che chiede conto e ragione del perché sia stata data l’autorizzazione alla richiesta, effettuata – aggiungiamo noi- quando ancora c’era, come assessora alla cultura, Stefania Campo. La cronaca ci certifica che l’ex assessora aveva una visione assai larga e generosa delle robe attinenti la cosa pubblica, e comunque, nello specifico, è stato Larosa a non spiegare pienamente che si trattava di festa di compleanno mangereccia con possibile danno ai luoghi come conseguenza del raffinatissimo party. Una gran furbata, al prezzo popolare di una concessione, mettere su tutta ‘sta baldoria, ma si sa che in certi giri si conoscono gli infiniti modi di intrufolarsi e far bella figura. Speriamo che l’amministrazione, che ha già portato un po’ di ordine riguardo l’auditorium (prima che andassero al governo i cinquestelle, San Vincenzo Ferreri era gestito da un amico dell’onorevole Dipasquale e non c’era traccia alcuna degli incassi), intervenga d’ora in poi durante i “prestiti”, con un addetto per controllare che non si facciano danni alla struttura e che non si scambi una serata culturale con un baccanale. Riguardo alla festa, che dire? Più cafonal di così si muore! e questi, per giunta, si spacciano come gli interpreti della laboriosità ragusana e si riempiono la bocca – tra una tartina smozzicata e sbriciolata e un tonfo di crema spiaccicato nel pavimento di una chiesa monumentale – di imprese e di turismo! E’ illuminante del tipo di compagnia che c’era, la frase di uno dei partecipanti che commentando la vicenda ha esclamato: “In una festa così, non ci può certo andare quello sfigato del sindaco con il borsello a tracolla!”. E allora ringraziamo Dio per questi sfigati che ci governano e a cui spetta purtroppo di ripulire le sozzerie del passato che si trascina pateticamente nel presente. Non dimentichiamoci mai l’arroganza di quel bel mondo che ha banchettato per anni qui a Ragusa: possono cambiare sigle e partiti, ma sono sempre loro, arraffano tutto anteponendo il loro piacere al bene collettivo.
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