È possibile che l’opera lirica appassioni, diverta e coinvolga i ragazzi di oggi? Senza dubbio sì specie se a presentarla sono i fratelli Peppe e Michele Arezzo, musicista il primo, attore il secondo. Entrambi dotati di talento e preparazione tali da renderli credibili e simpatici allo stesso tempo. Il progetto “Arezzo all’Opera” è approdato all’interno del Festival delle Relazioni promosso dalla Fondazione San Giovanni Battista, al liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Ragusa con l’intenzione di raccontare agli studenti “La cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni. Una scommessa semplice e vincente . “L’idea – spiegano gli artisti – nasce dalla consapevolezza che non appena parli con qualcuno di opera lirica, avverti una diffidenza che è frutto di una mancata conoscenza. Noi abbiamo spogliato l’Opera lirica di tutti quei vestiti che l’allontanano dalla sensibilità moderna cercando di far capire al pubblico che i musicisti e i librettisti di allora lavoravano con l’intento che oggi potrebbe avere un regista cinematografico. L’Opera lirica era pensata come un fenomeno artistico popolare e non di élite”. Il progetto, nato alcuni mesi fa, è pensato per un pubblico eterogeneo, ma pare perfetto per condurre nelle scuole una forma d’arte che ha reso l’Italia celebre e ammirata nel mondo. “Non è nostra intenzione – proseguono Peppe e Michele Arezzo – proporre paragoni tra questa musica e quella in voga oggi, ma desideriamo mettere in luce come le passioni che animano autori come Mascagni o Puccini, non siano lontani dalle sensibilità di molti autori oggi molto cari ai giovani. Inoltre, la Cavalleria rusticana ha il merito di restituire, sotto forma di racconto in musica, uno spaccato della Sicilia del diciannovesimo secolo”. I ragazzi apprezzano la proposta. Un successo che fa ben sperare e che incoraggia nella direzione di proporre nelle scuole simili percorsi formativi. “Il tema del nostro Festival delle Relazioni – spiega Tonino Solarino, presidente della Fondazione San Giovanni battista – è il sentirsi stranieri a se stessi. Oggi appare molto difficile sintonizzarsi con il proprio vissuto, con le proprie emozioni e tradizioni. Ci sono note e parole che si sono sedimentate nel nostro animo e nella nostra cultura che è bene fare emergere. Per questo è bello presentare a un livello accessibile e accattivante parte del nostro immenso patrimonio musicale. Quella dei fratelli Arezzo è un’operazione geniale per valore artistico e per intenzioni educative. Attraverso il loro lavoro Peppe e Michele dimostrano di credere nella comunità in cui vivono”.