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23/03/2016 -

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GOVERNO PICCITTO, URGE RESURREZIONE

piccittoE’ un colpo mortale per il sindaco Federico Piccitto l’uscita di Partecipiamo? Se si considera il numero dei consiglieri cinquestelle e le dichiarazioni di Iacono che parla di opposizione costruttiva, la maggioranza in aula si può trovare, e quindi la rottura dell’alleanza non determina la fine dell’esperienza di governo. E allora com’è lo stato di salute dell’amministrazione? Ed è da questa domanda che sembra ovvia e naturale che occorre partire per ribaltare il quesito e chiederci: come ci sentiamo noi sotto questo governo cinquestelle? E qui si apre uno spazio infinito di riflessioni che però convergono in una certezza: una buona manutenzione ordinaria, oculatezza nella spesa pubblica, assenza di corruzione. Sono tre elementi bastevoli che rendono il livello di cittadinanza una asticella sopra la quota sopravvivenza. Questa sintesi  logica  che si basa sull’esperienze terribili del passato e sulla straziante destrutturazione, ad opera del governo centrale, dei diritti e delle possibilità di ascesa sociale ( fiamma vitale della società ragusana) ha però un limite sentimentale: l’autocastrazione di un sogno. E qui arriviamo alla crisi dei cinquestelle quella che da sei mesi contorce le budella dei consiglieri e fa gridare all’opposizione che la situazione è ormai allo sfascio. Qual è il sentimento censurato per scrupolo eccessivo di aderenza alla realtà? Un sentimento racchiuso in due  parole che ci riportano allo slogan positivo che da Obama a Podemos attraversa il pensiero umano progressista: Possiamo fare – I Can- Si, se puede.  Questa è l’origine dell’attrito sfociato martedì sera in consiglio comunale nello “sfiducione” all’assessore Stefano Martorana pronunciato da un ragazzo, Leggio, uno che vale uno nell’orizzontalità grillina, uno che vale niente  se i parametri sono quelli delle relazioni sociali, calibro economico e potenza interattiva così come impone la tradizione, uno che vale il 70 per cento dell’elettorato ragusano se facciamo riferimento al sogno che ha portato Piccitto a governare. Ha poca importanza verificare se la rinuncia al sogno sia scattata prima nel giovane sindaco – che fa quel che può non elevando mai il concetto di possibilità alla sfera dell’impossibile – e poi si sia trasferita per caduta sui cittadini; l’elemento straordinario e vitale  è tutto nella ribellione del gruppo che è uscito fuori dall’autocompiacimento grillino mettendo in discussione la gestione “commissariale” dell’amministrazione. Qualche giorno addietro, in aula, l’amico ingegnere Maurizio Tumino ha esclamato “manca da mesi un assessore e nessuno se ne accorge!” E’ verissimo, non si notano presenze e assenze, con il vantaggio che senza un assessore si è anche risparmiato! Così com’è verissimo che pochi conoscono il nome degli assessori regionali e i ministri del governo Renzi, a riprova che è  in corso un restringimento della passione democratica ed un’accettazione passiva del poco che passa la politica. Non ha importanza alcuna se la caratura culturale e la preparazione individuale dei consiglieri cinquestelle sia bassa, quel che conta è che scevri da interessi privati abbiano percepito un disagio emozionale della città, abbiano centrato un obiettivo – l’assessore al bilancio- e riescano attorno alla loro richiesta di rimozione dell’assessore a ritessere una ipotetica rivisitazione del bilancio che ricolleghi l’azione amministrativa al sogno, al cambiamento. Sappiamo tutti che Piccitto si oppone con tutto se stesso all’uscita di Martorana-  e si può solo apprezzare la sua fedeltà per il fraterno amico –ciò non toglie però che nei due ormai è percepibile un disprezzo fortissimo verso il gruppo consiliare che si è trasformato in barriera divisiva per arginare qualsiasi moto che spezzi la monotona continuità “operaista” dell’esecutivo. Piccitto, e lo dimostra la sua pervicace assenza dall’aula, non crede che l’azione di governo possa sposarsi ed accrescersi con il contributo di quei quattro matti del movimento, non crede che un governo della città possa andare oltre ai meccanismi di spesa- controllo- manutenzione – funzionamento; insomma si nutre di una sola certezza: non ci si può trastullare nei sogni. Insomma Piccitto è profondamente distante dai cinquestelle e non riesce a nasconderlo. Anche questo è apprezzabile, e proprio questo dovrebbe spingerlo a ricucire una intesa con Iacono che possiede gli ingredienti giusti per una ricetta in cui ci sia quel pizzico di propaganda, l’odore del sogno, la dirittura morale per tenere a bada i trafficoni, la velocità di azione. Non si può lasciare la città a Sonia Migliore ora alleata con Ciccio Barone e Nino Minardo, oppure all’ingegnere Tumino che punta allo sviluppo turistico e alla ricucitura urbanistica -una fandonia che significa solo cemento -, o al Pd ridotto a banda armata con a capo Nello Dipasquale e il suo protetto D’Asta, volto aggressivo del nulla che avanza. Il bello del marxismo, come del cristianesimo, come  del pensiero freudiano, è credere nella possibilità di rinascita dell’uomo. E’ la resurrezione. Il sindaco Piccitto, da questi giorni difficili, può rinascere.

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