L’agricoltura dell’area iblea sta facendo i conti con una profonda crisi. Eppure la nostra è una terra preziosa: basti pensare ai grandi manager del vino che arrivano sin qui per acquistare le nostre terre. La politica, però, non sa fornire quel sostegno in più che pure si renderebbe necessario. Lo dice Alessandro Galfo di Ragusa In Movimento secondo cui, dal 2008 a oggi, sono stati impegnati e in buona parte spesi cinque miliardi di euro di fondi europei. “Ma nessuno sa come e dove sono andati a finire questi soldi. Questo è molto grave – aggiunge – e se non ci svegliamo rischiamo davvero tanto. I nostri imprenditori agricoli che portano avanti questa attività oggi hanno dei figli che preferiscono cambiare mestiere e andare altrove. Eppure i nostri politici si vantano dei prodotti del nostro territorio presenti in giro per il mondo. C’è qualcosa che non torna. Sappiamo soltanto che la crisi dell’agricoltura siciliana, lungi dall’essere migliorata, è peggiorata. Non lo diciamo noi: lo sta certificando l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, la cui presenza serve soltanto a ‘giustificare’ la scomparsa di un fiume di fondi europei destinati in teoria a questo settore, ma finiti chissà dove”. Galfo prosegue continuando la propria disamina: “E’ in crisi tutto il comparto agricolo dalla zootecnia (vedi quote latte), passando dal pomodorino di Pachino al datterino, ben 20 o 30 centesimi di euro al chilogrammo comprato dai produttori per essere rivenduto nei mercati del Centro-Nord Italia a 7-8 euro al chilogrammo, fino all’agrumicoltura siciliana. L’Unione europea di fatto ha distrutto la nostra agricoltura consentendo ai prodotti di tutto il mondo di entrare nel nostro Paese. Altra questione critica la tracciabilità. Se ne parla tanto, ma non tutti sanno che in Italia non esiste la ‘tracciabilità’ dei prodotti agricoli, anche perché i commercianti che oggi condizionano le politiche dell’Unione Europea non hanno interesse a informare i consumatori sui prodotti che vengono immessi nei mercati. Proprio perché guadagnano un sacco di soldi acquistando a prezzi irrisori prodotti agricoli scadenti – per esempio, agrumi e olio d’oliva dal Nord Africa – che poi vengono rivenduti nei mercati europei, facendo una concorrenza sleale ai prodotti europei. L’intero comparto agricolo è in crisi e i Governi nazionale e regionale devono subito fare qualcosa. Altrimenti della tanto decantata agricoltura ragusana non rimarrà niente”.