Udienza dedicata ad altri due testi del Pm Marco Rota nel processo a carico di Carmelo Iacono, imputato di peculato e concussione, reati che sarebbero stati commessi dal maggio 1997 al settembre del 1999, quando il medico lavorava presso l’Unità operativa di Oncologia dell’ospedale Civile. Le indagini sono state svolte dai Nas dei Carabinieri. Davanti al Tribunale (presidente Andrea Reale, a latere Rosanna Scollo ed Ivano Infarinato) l’unica a costituirsi parte civile è stata l’Azienda sanitaria provinciale 7. Secondo l’accusa il dottore Iacono, abusando della sua qualità, avrebbe programmato e attuato, oltre a quelli dovuti, anche accertamenti ed esami di competenza dell’Unità di Chirurgia, ricoverando 37 pazienti nei confronti dei quali disponeva indagini specialistiche finalizzate alla preparazione dei pazienti all’intervento chirurgico effettuato poi a Catania in clinica. Uno dei testi ha ricordato che nel 1998 la moglie è stata sottoposta, dopo gli accertamenti eseguiti in ospedale, ad intervento chirurgico in una clinica privata a Catania. “Tutto è andato bene – ha detto il teste. Mia moglie è morta dopo 11 anni dall’intervento al seno per un carcinoma. Perchè siamo andati a Catania? Perchè a Ragusa, in ospedale, Iacono non poteva eseguire interventi chirurgici per la nota diatriba con i colleghi di Chirurgia Generale. Prima di andare a Catania il dottor La Monica mi ha sconsigliato un viaggio a Milano, perchè all’intervento doveva seguire un ciclo di chemioterapia. Gli accertamenti? Li abbiamo fatti in ospedale, così come le medicazioni post intervento”. E’ stato sentito un collega del dottor Iacono, andato in pensione nel ’99 che ha detto che prima gli interventi si facevano in Oncologia, sia col primario Ferrera che con Iacono, poi, è arrivato il divieto.
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