“In terreno agricolo, zona E del Piano regolatore generale, è vietata la realizzazioni di costruzioni a scopo abitativo residenziale”. Un concetto chiarissimo, un’indicazione che il dirigente del settore Urbanistica conosceva chiaramente. A metterlo nero su bianco, nel 2007, era stato il dirigente del settore Avvocatura del Comune, Angelo Frediani, che lo aveva “girato” al collega Ennio Torrieri. Facendo riferimento alle norme e alle sentenze dei Tribunali amministrativi, chiaramente indicava che in zona agricola non si possono realizzare abitazioni residenziali. Frediani spiegava che la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, n. 4861 del 18 settembre 2007, “ha ribadito il principio consolidato che la destinazione agricola nell’ambito della pianificazione edilizia ha lo scopo di impedire gli insediamenti abitativi residenziali e non anche di precludere in via radicale qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante”. E in un altro passo di quella lettera interna aggiunge: “La previsione dello strumento urbanistico di destinazione a verde agricolo non deve necessariamente rispondere a interessi dell’agricoltura, ben potendo essere imposta pr soddisfare l’esigenza di impedire in determinate zone un’ulteriore edificazione, anche a fini di tutela ambientale”. Sempre nel 2007 anche l’avvocato Sergio Boncoraglio, dello stesso ufficio, spiegava alla Commissione edilizia e al dirigente dell’Urbanistica, dall’analisi delle norme tecniche di attuazione del Prg. Che “non vi è spazio per interventi edilizi di tipo diverso e che l’interpretazione secondo cui nella zona agricola si potrebbero realizzare abitazioni con il solo limite del rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria pari a mc/mq 0,03 sarebbe in contrasto con le norme tecniche di attuazione del Prg con la legge regionale n.78/1978”. Quando tuttavia Legambiente scrisse alla Regione perchè vigilasse su queste concessioni, il dirigente dell’Urbanistica spiegò, a Palermo, che le “autorizzazioni” erano ritenute regolari, fornendo una interpretazione discordante alle stesse norme analizzate dai professionisti. Neppure un dubbio sulla validità delle interpretazioni fornite sin dal 2007 dai due professionisti. La Regione si accontentò della risposta di Torrieri e chiuse la “pratica”. Ma la questione, a quanto pare, adesso potrebbe riaprirsi. Sulla vicenda dell’edificazione in zona agricola pare che la Procura voglia vederci chiaro e stia approfondendo l’intera questione. Quei due documenti, quello di Frediani e quello di Boncoraglio, non sono certo sentenze già scritte, ma rimangono senza dubbio quale prova del fatto che non tutti, a Palazzo dell’Aquila, la pensavano allo stesso modo di chi ha invece optato per il via libera alle concessioni in zona agricola. Nelle missiva inviata a Palermo in risposta alle segnalazioni di Legambiente, Torrieri spiegava che l’interpretazione della norma secondo cui sarebbe stata consentita la destinazione abitativa con l’indice di fabbricabilità fondiaria pari a mc/mq 0,03 “è stata un orientamento costante della Commissione edilizia”. Perchè il dirigente e la commissione non tennero conto delle indicazioni date dai due avvocati? Ci furono altri pareri legali che indussero dirigente e commissione a dare una lettura differente delle norme rispetto a quella fornita dagli avvocati Frediani e Boncoraglio? E perchè la tesi dei due avvocati non venne riportata nella risposta alla Regione, magari con le controdeduzioni di Torrieri? Sia la nota di risposta inviata dal dirigente a Palermo sia il documento di Frediani sono stati consegnati a Legambiente, che li chiedeva da tempo (la lettera di Torrieri alla Regione è del novembre 2010), solo un paio di mesi fa. L’associazione ambientalista, non avendo ottenuto l’accesso agli atti, aveva presentato anche una denuncia in Procura.
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