Riceviamo e pubblichiamo: “Come probabilmente molti altri, anche Legambiente Ragusa è rimasta colpita dalle vive proteste del Movimento Territorio dell’attuale deputato regionale Di Pasquale, contro l’elettrodotto Sicilia Malta. La sorpresa è evidentemente naturale: nella sua lunga vita politica il Di Pasquale non ha certo brillato per attenzione alle problematiche ambientali: anzi. Come non ricordare l’avversione viscerale al Piano Paesaggistico, cioè ad uno strumento fondamentale per difendere il paesaggio e la campagna iblea dalla speculazione edilizia? Oppure l’avversione all’inclusione della vallata dell’Irminio nel parco degli Iblei, compresa la foce che oggi si vorrebbe proteggere dall’elettrodotto? O la cementificazione di contrada Maulli che ha chiuso la Riserva dell’Irminio con un muro di cemento? Senza tralasciare la vicenda dei PEEP che ha cementificato 2 milioni di metri quadrati di territorio agricolo, i deludenti risultati della raccolta differenziata, l’inesistente salvaguardia delle risorse idriche (vedasi inquinamento delle sorgenti di Cava Misericordia). Increduli e preoccupati (un così tanto clamore da persone così provatamente insensibili faceva pensare a chissà quale disastro per il nostro territorio) abbiamo immediatamente consultato il progetto, e la relativa V.I.A. Le linee guida del Ministero dell’Ambiente sugli elettrodotti individuano nel paesaggio, nell’inquinamento elettromagnetico e nei danni agli ecosistemi conseguenti alla fase di cantiere l’eventuale impatto ambientale dell’infrastruttura. Qui la sorpresa è aumentata: l’elettrodotto Sicilia-Malta, dai dati del progetto, dalla Valutazione di Impatto Ambientale e dalle prescrizioni impartite dalla commissione V.I.A. del Ministero dell’Ambiente sembra avere un impatto modesto a terra. Infatti il tratto a terra dell’elettrodotto, dalla stazione elettrica di Ragusa al piazzale accanto al depuratore di Marina di Ragusa risulta interrato (!) utilizzando le strade provinciali (noti ecosistemi di pregio….) senza intaccare la campagna. Quindi l’impatto sul paesaggio è nullo (!). Con l’interramento dei cavi che risultano coibentati ad una profondità di 1,60 metri anche l’inquinamento elettromagnetico è da ritenersi modesto, sicuramente inferiore all’elettrodotto aereo. Questo per quanto riguarda le opere a terra. Ma passiamo al mare: per quanto riguarda i danni agli ecosistemi dovuti alla fase di cantiere solo l’ecosistema marino sembra infatti soggetto a rischio, ma le stringenti prescrizioni, se rispettate, dettate dalla Commissione V.I.A. del Ministero dell’Ambiente fanno ritenere limitati e reversibili gli eventuali danni alle praterie di Posidonia oceanica e di Cymodocea nodosa: il tratto interessato è estremamente limitato (circa 100 m quadrati per la Posidonia e circa 1063 metri quadri per la Cymodocea) ed il cavo, nell’area in cui c’è vegetazione verrà poggiato sul fondo e non interrato. Ovviamente tutto ciò è valido sempre che la direzione lavori e i soggetti istituzionalmente deputati al controllo facciano scrupolosamente il loro lavoro. Probabilmente è questo che desta il maggiore timore al movimento di cui sopra (ed anche nostro): essendo (stati) amministratori e ben conoscendo l’inefficienza dell’Ente pubblico probabilmente già sanno che i controlli sulle opere non saranno adeguati. Chiediamo quindi che si crei un ‘comitato di controllo’ sulle attività, che comprenda anche rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei pescatori, delle associazioni di pescasportivi e subacquee che affianchino ‘strutturalmente’ gli enti nelle attività ispettive. Quindi anche per quanto riguarda il mare ci chiediamo: alla vegetazione acquatica fa più danno un cavo poggiato sul fondo o un mega porto turistico quale quello di Marina (ed infatti, ci informano i sub, con il porto e l’insabbiamento conseguente, la metà del posidonieto nell’area è scomparso)? Come mai il Di Pasquale ai tempi del porto non ha protestato contro sé stesso? E non ci rammentiamo neanche alcun suo intervento serio contro la pesca a strascico sottocosta, che ara i fondali distruggendo la prateria di Posidonia (gli unici ad intervenire su questo grave problema sono stati gli ambientalisti e la piccola pesca). Alla luce di ciò, se i rischi a mare in qualche modo ci sono, e ribadiamo che i controlli siano il più stringenti possibili, sembra eccessivo l’allarme sul grande impatto ambientale dell’opera lanciato da alcune forze politiche che in passato mai si sono distinte per un atteggiamento a difesa dell’ambiente. Certo si può sempre essere folgorati sulla via di Damasco come San Paolo, ma le conversioni improvvise destano sempre molti sospetti, soprattutto quando a convertirsi all’ambientalismo è l’ex sindaco di Ragusa”. Legambiente Ragusa