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12/11/2011 -

Cultura e Spettacolo/

ERGASTERION, STUDI SU CATACOMBE E IPOGEI DEL RAGUSANO

Un’attenta ricognizione tra le catacombe e gli ipogei del Ragusano, usando una metodologia assolutamente innovativa: il puntamento Gis e le carte con zoom dinamico. E’questo quanto emerso nel corso del secondo appuntamento con Ergasterion, fucina di archeologia, tenutosi all’auditorium San Rocco di Ibla. La seconda tappa del ciclo di incontri promosso dalla sezione del capoluogo ibleo dell’associazione SiciliAntica ha visto in primo piano la relazione di Clorinda Arezzo, specializzanda in Archeologia medioevale alla Cattolica di Milano, che ha illustrato ai partecipanti i passi avanti compiuti sul fronte del censimento, della catalogazione e della documentazione delle evidenze funerarie presenti nel territorio ragusano. L’archeologa ha chiarito che l’applicazione pratica della nuova metodologia ha prodotto modelli relativi a due zone del sud-ovest del capoluogo: la prima area, contrada Sant’Anna, contrada Mieta e contrada Scifazzo, localizzata nell’ambito della cava Renna; la seconda, contrada Carnesala-Tresauro. “Una metodologia di sicuro interesse – ha chiarito la Arezzo – che apre una serie di riflessioni che potranno guidare le future ricerche”. Di affinità esistenti tra le tipologie funerarie maltesi e iblee, dal IV al VI secolo, ha parlato, invece, Maria Domenica Lo Faro, specializzata in Archeologia post-classica presso l’Università di Bari, dottore di ricerca nello stesso Ateneo. “Perché queste analogie? – si è chiesta Lo Faro – Una delle ipotesi già esposte nel tempo, e che tuttavia è difficile verificare, è che esistessero delle maestranze che in qualche modo riuscivano a trasmettersi il sapere in questione optando per scelte monumentali particolari che testimoniano affinità specifiche. Alla base di queste trasmissioni potevano esserci scambi commerciali tra le due comunità, quella maltese e quella iblea”. Monica Carbone, laurea specialistica presso l’Università di Palermo, sede di Agrigento, si è invece soffermata sulle testimonianze archeologiche tardoantiche più evidenti conservate nel paesaggio archeologico di Scicli. “Lo studio sui cimiteri paleocristiani ipogei delle contrade Donnafridda e Biddiemi lungo la cava Sant’Antonino nell’altopiano ibleo – ha detto la Carbone – è stato effettuato attraverso il censimento e l’analisi strutturale delle camere ipogee per poterne comprendere le dinamiche evolutive partendo dalla configurazione plani volumetrica”. Infine Carmelo Scafè, laureato in Archeologia all’Università di Ravenna, ha fornito gli elementi di una ricerca avente per obiettivo quello di accrescere la documentazione archeologica relativa al fenomeno rupestre nell’ambito del territorio della città di Ragusa, nonché quello di fornire, tramite l’analisi dei dati ricavati dall’indagine territoriale, un quadro quanto più dettagliato ed esatto possibile sull’evoluzione del popolamento del territorio nelle immediate vicinanze del capoluogo. Scafè, inoltre, ha esposto i risultati della ricerca sul campo che ha condotto a svariate riprese nell’arco dei 14 mesi tra il luglio 2005 e il settembre 2006 lungo il “corso” di Cava San Leonardo con l’obiettivo di fornire uno spaccato quanto più attendibile del contesto in cui nacque e si sviluppò la cultura rupestre o, più in generale, l’abitudine di ricavare ed utilizzare gli ipogei.

 

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