La vicenda umana e professionale dell’imprenditore ed esponente politico Angelo Giacchi, così come abbiamo letto dagli organi di informazione, merita una attenta riflessione ed una considerazione sulla tenuta del nostro tessuto economico e sulle sue conseguenze sul piano economico, sociale e politico. Negli ultimi anni una profonda crisi finanziaria ha colpito gravemente le famiglie e le micro e piccole imprese con un aumento impressionante di sofferenze bancarie e chiusure di attività economiche. Ed anche a Vittoria non sono mancati, purtroppo, casi drammatici.
Il nostro tessuto economico, basato sulla centralità delle micro e piccole imprese, che aveva assicurato reddito familiare, occupazione diffusa e sviluppo economico è stato messo in ginocchio e travolto da scelte liberistiche che tutt’ora vedono nella privatizzazione, delocalizzazione e nell’abbattimento delle retribuzioni e dei diritti previdenziali e assistenziali la modernità.
Logiche e scelte avallate e sostanzialmente difese da un vasto schieramento politico che va dalla destra passando per i partiti governativi della palude centrista e arrivando al PD americanizzato in
tutte le sue varianti democrat. Emblematica la vicenda delle misure economiche previste per l’agricoltura dai fondi europei e la loro gestione della Regione Sicilia con i P.S.R. che hanno sempre escluso le micro e piccole aziende finendo per favorire la formazione di piattaforme commerciali e la diffusione dell’omologazione dei prodotti agricoli che non solo non hanno creato ricchezze, se non per i soliti noti dell’agro-business ma hanno provocato un abbassamento della qualità della vita e dei livelli dei diritti e dei salari. Queste politiche economiche all’insegna dell’ossessivo slogan “meno Stato e più mercato” hanno provocato nel nostro territorio una involuzione economica le cui responsabilità sono evidenti. E mentre sempre più imprenditori “berluscones” erano ammaliati e scendevano direttamente e trasversalmente in politica con la richiesta di sempre maggiori finanziamenti pubblici si assisteva all’aumento dei precari e dei disoccupati e la loro progressiva sostituzione con lavoratori e lavoratrici stranieri, soprattutto dell’Est non sindacalizzati, per usare un eufemismo, creando così competizione al ribasso con i braccianti e i lavoratori locali e tensione fra disperati.
Davvero un bel risultato. Come se il costo del lavoro fosse la causa della crisi, che da un po’ di tempo sta colpendo anche quei soggetti che chiedevano a gran voce queste misure. Questa classe dirigente politica ed imprenditoriale che ha avallato queste scelte non può versare adesso lacrime di coccodrillo perché questa ipocrisia nasconde solo una oggettiva incapacità a dare soluzioni ad una crisi senza precedenti. In questo sistema liberista e di mercato selvaggio non c’è posto per la solidarietà, chi non ce la fa ne viene espulso. Quel poco che si è ottenuto lo si deve ad alcune organizzazioni di categoria e di contribuenti che hanno saputo individuare fenomeni di anatocismi garantendo assistenza ai malcapitati e all’azione politica di una vera sinistra di alternativa che mette al centro i valori dell’uomo, del lavoro e della giustizia sociale. Ben vengano tutti i sistemi di monitoraggio pubblico delle aste giudiziarie, come lei chiede sig. Giacchi, ma è nell’intreccio distorto tra certa politica e certa imprenditoria ampiamente beneficiata da interventi pubblici ed europei che va individuata la causa che ha prodotto e produce sempre più disperazione e deserto economico.
LA SEGRETERIA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA VITTORIA