Il Vescovo di Ragusa, mons. Paolo Urso, ha comunicato il prospetto completo delle erogazioni delle somme derivanti dall’8 per mille dell’Irpef effettuate nel 2013 (esercizio 2012). Il rendiconto è suddiviso in due macro aree: “esigenze di culto e pastorale”, cui sono stati destinati 613.357,86 euro, e “interventi caritativi”, per 491.883,81 euro. La prima area di spesa riguarda i nuovi complessi parrocchiali (tra questi Maria Regina, Maria SS Nunziata e S. Pio X di Ragusa, e Resurrezione e S.Massimiliano Kolbe di Vittoria), il restauro e la conservazione di chiese della diocesi (Parrocchia Santa Maria la Nuova di Chiaramonte Gulfi, Parrocchie San Pietro Apostolo ed Ecce Homo di Ragusa, Immacolata Concezione di Roccazzo e parrocchia San Giovanni Bosco di Vittoria), le spese per il Vescovado e gli Uffici diocesani, la Biblioteca, il Seminario e l’Istituto Teologico ibleo, i Consultori e gli Oratori, i giovani sacerdoti che studiano a Roma. Numerosi e più consistenti gli interventi destinati alla area della carità, con la distribuzione di sussidi alle persone bisognose, ai centri di ascolto (di Ragusa, Comiso e Vittoria) e alle singole parrocchie operanti in aree di disagio sociale. Numerosi anche i progetti finanziati e i contributi dati a singole associazioni che operano nel settore della disabilità, della prevenzione e cura delle tossicodipendenze, dei migranti e del disagio in generale. Arrivano a 60.000 euro le somme destinate a progetti segnalati da missionari di origini iblee che operano generosamente in diverse parti del mondo. “Vogliamo condividere – conferma il Vescovo Paolo – con tutti i credenti e i cittadini che vivono nel territorio della Diocesi di Ragusa, la nostra fatica di cercare di utilizzare al meglio le risorse che ci provengono dall’8 per mille sull’Irpef versata da tanti contribuenti. Vogliamo cioè dare trasparenza alle nostre scelte, che quest’anno hanno accentuato la priorità tradizionalmente riservata dalla nostra Diocesi ai segni di solidarietà verso i bisogni delle persone coinvolte dalla grave crisi economica e dal conseguente disagio sociale. Ciò, tuttavia, senza rinunciare alle esigenze di culto e pastorali che la comunità ecclesiale iblea ci richiede”.