La segretaria provinciale delle Flai Cgil di Ragusa a seguito dell’arresto di un imprenditore agricolo per violenza e sfruttamento sessuale ai danni di una bracciante romena dichiara: “Questo tragico episodio ci sconvolge ancora una volta. Lo scorso ottobre l’Espresso ha pubblicato un’inchiesta sulla questione, provocando diverse reazioni, di segno opposto, nel territorio. Tra queste alcune prese di posizioni da parte di alcune Istituzioni locali che hanno preso subito le “difese d’ufficio” del comparto dichiarando che l’inchiesta aveva l’obiettivo di denigrare il territorio e il comparto. Si sono espressi in questo modo alcuni noti imprenditori vittoriesi, compreso qualche dirigente delle organizzazioni datoriali agricole. In alcune di queste prese di posizioni si è detto che il fenomeno è quasi del tutto inesistente, frutto del cattivo giornalismo poco professionale, visto che non esistono denunce da parte delle “presunte vittime” . La Flai Cgil ha più volte denunciato casi estremi di violenza e sfruttamento sessuale, e richiesto di incentivare l’attività di contrasto attraverso controlli da parte delle forze dell’ordine e degli organi preposti del lavoro e della previdenza. Denunciare la grave situazione in cui versa il lavoro dipendente nel comparto agricolo della zona trasformata, non vuol dire generalizzare e tacciare come sfruttatori, o peggio stupratori, tutti gli imprenditori del settore. Nessuna generalizzazione può essere accettata, perché è chiaro che esistono imprenditori onesti, come esistono le aziende che operano nella legalità, nel rispetto dei contratti di lavoro e di tutte le norme in materia di lavoro e previdenza. L’idea che la crisi si affronta soltanto attraverso l’abbassamento dei salari e dei diritti dei lavoratori è perdente e devastante sotto il profilo sociale, e ci consegna un modello paragonabile ai sistemi del terzo mondo. Lo sfruttamento nelle nostre campagne è purtroppo diffuso e riguarda indistintamente italiani e migranti. Esiste pure l’aspetto ancora più grave della condizione di isolamento in cui vivono diversi braccianti, soprattutto donne, vittime spesso di abusi. Occorre quindi incentivare le attività di controllo e di repressione, e al tempo stesso riformare il mercato del lavoro in agricoltura, a partire dal collocamento”.
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