A cosa servono i governanti? A cosa serve l’apparato del Comune? A conoscere tutti gli affanni privati della gente conosciuta, e più o meno riverita, e quindi a risolverli. La dimensione del “piacere” supera sempre l’interesse collettivo che si ottiene – se questa variabile accade – solo per misera ricaduta poi abilmente pompata fino a raggiungere la dimensione trionfale. Questa stortura della legalità l’hanno chiamata modello Ragusa, lo stesso che per eccesso di piacere si è ammosciato lasciandoci poveramente ricchi. Di vecchio non c’è solo un sistema mini mafioso foderato di effervescenza economica ormai perduta, ma l’ottusità di chi ci governa nello scommettere sull’immutabilità di questo ciclo falsamente produttivo. Per quanto tempo ancora marceremo al ritmo dell’eurocemento? Sembra proprio che il nostro destino sia segnato: ci troveranno sfiniti dentro appartamentini altamente confortevoli, insomma sperduti nella vasca idromassaggio. La città nel Nellodipasquale show ha perso di interesse e di sostanza, il ragusano giace riverso attendendo la fine del primo attore, lo spegnimento delle luci, il gelo ed il sole che ci scorticheranno, il nulla che ci costringerà a fuggire. Leggere le delibere del Comune è come sfogliare un copione di una fiction del tardo pomeriggio: lento, scontato, ripetitivo, logico nell’immensa irrealtà. L’avete in mente l’architetto Ennio Torrieri, dirigente al servizio del sindaco, impacciato, vagamente elegante, quasi inconsistente, lo sguardo irraggiungibile, una sfuggevolezza che non farebbe mai intravedere in lui azioni violente? Ed invece ci impala di urbanistica pesante come impone il gran capo. L’ultima. Mulino Curiale corso Vittorio Veneto. Nel piano regolatore approvato dalla Regione avevano stabilito per il futuro palazzo che vi sorgerà un’altezza di 10 metri e cinquanta rispettando tre piani fatta salva l’area del sedime del mulino storico. La ditta Curiale e figli si oppone al Tar e poi al Cga ed entrambi non si esprimono nel merito per questioni burocratiche che riportano però l’indice di fabbricabilità ai valori stabiliti dalla regione. Questo avviene nel 2010. Cosa fa il Comune? Per due volte, sia al Tar che al Cga, si oppone alla ditta. Poi improvvisamente Torrieri si illumina e il 15 dicembre 2011 presenta in giunta una variante al Prg in cui omette di dire i passaggi precedenti del Comune (ricorso Tar e Cga) sostenendo la necessità di portare l’altezza dell’edificio da 10 metri e 50 a 18 metri. Le varianti ai piani regolatori si fanno nella ricerca della pubblica utilità e non per fare vendere qualche appartamento in più al privato. Perché nel 2010 si fa ricorso contro la ditta e solo quando la ditta “soccombe” nei tribunali amministrativi, il Comune ci ripensa deliberando in giunta una variante da far votare dai corazzieri del sindaco in consiglio comunale? Non servono aquile per trarre giudizi in questa storia; è chiaro che gli affari del mattone li sanno gestire al Comune di Ragusa giostrando tra la forma, il ricorso, e la sostanza ossia l’ultima chance, la forza numerica della maggioranza che può approvare la variante. La tesi di Torrieri è poi talmente debole da risultare più che banale, al limite del non sense: dato che la ditta voleva ottenere 24 metri di altezza e con i 10 scelti dalla Regione la zona non risulterebbe satura, facciamo 18 metri e siamo tutti a posto. Poteva – essendo dirigente lautamente pagato – studiare un progetto per l’area storica del mulino, e poi, magari, contrattare gli oneri di esproprio con la ditta. La vicenda è incredibile, un esempio di crasso dipasqualismo. Si nutre insofferenza e fastidio per la norma che va in tutti i modi aggirata dichiarando che è una cosa da niente. Se ne volevano 24 di metri e gliene diamo 18, che male si fa? Nello Dipasquale sta lì per questo, per qualche milione di zolle di terra in più. Per il resto è l’urbanistica alla Maria De Filippi: necessità e problemi privatissimi elevati al rango di affari nazionali. D’altronde con i 18 metri si realizza un bell’attico, vi pare roba da niente?
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