Gianni Nativo, rappresentante sindacale, ripercorre, in una nota, la drammatica situazione della industria del cemento ragusana. “Nel 2000 la Colacem S.p.a. di Gubbio si aggiudicava, dopo una lunga trattativa con la Regione Siciliana ed Eni Risorse, quella che era stata la più grande industria presente sul territorio ibleo dal dopoguerra ad oggi: l’Industria Siciliana Cementi. L’operazione costò 256 miliardi di lire, che furono prontamente divise in maniera equa tra Regione Sicilia Le 203 unità lavorative presenti nei due siti produttivi di Ragusa e Pozzallo, operazione assai poco lungimirante, venivano tutelate con un accordo che garantiva il livello occupazionale per cinque anni. Le tutele ricadevano completamente sugli acquirenti, e il commissario regionale che si occupò della vendita e i politici che tanto avevano caldeggiato la privatizzazione del fiore all’occhiello della provincia di Ragusa, parlarono di operazione trasparente. In verità era una bomba ad orologeria. Erano nati, altresì, i famosi fondi Insicem tanto amati, discussi e richiesti, a seconda delle esigenze e del momento politico. A distanza di quindici anni, decaduti quindi i termini per la tutela dei posti di lavoro così saggiamente affibbiata solo alla azienda privata che ha rilevato le fabbriche, complice una crisi che, a dispetto dei dati forniti dal governo , non accenna a diminuire d’intensità, la situazione è prossima al disastro. Le unità produttive così come era prevedibile, insieme agli impianti, sono state snellite e rese più competitive sul mercato. Oggi siamo sulle 120 unità circa, tra operai ed impiegati, con tutte le ovvie implicazioni sul territorio ibleo in termini di ricaduta sul livello occupazionale. Cosa ancora più grave,visto che comunque nessuno decide di dare priorità allo sblocco dei lavori pubblici, si paventa la dismissione di uno dei due impianti, probabilmente Pozzallo. E così, mentre tiepidamente qualche sindaco locale chiede la grazia ai benefattori di Gubbio che nulla possono di fronte ad un immobilismo burocratico e paralizzante dell’economia isolana, i due stabilimenti fanno i conti con la cassa integrazione, le ferie ipotecate fino al 2016, l’ipotesi della chiusura e, come ennesima sventura, la cancellazione del tanto atteso premio di risultato”. In queste ore a Pozzallo i lavoratori si sono riuniti in assemblea per discutere delle iniziative da intraprendere.
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