Lo scontro in atto tra il sindaco Federico Piccitto e i consiglieri comunali cinquestelle che si trascina da ben sei mesi è una faccenda politica rilevante e coinvolgente che tocca quella parte di comunità che mantiene ancora interesse, passione, curiosità nelle storie della residuale democrazia che ci tocca vivere. Partiamo dal sindaco. Sappiamo che l’elezione diretta dei primi cittadini è un grandissimo guaio in quanto crea, anche se i soggetti eletti sono brave ed oneste persone – figuriamoci poi se l’indole è aggressiva, egotica, ed affaristica! – un principato assoluto, un’autarchia che riduce i sindaci a fidarsi solo di se stessi e a confrontarsi con pochissimi prescelti; un’atmosfera riscontrabile là dove si gestisce il potere e che giustamente viene definita cerchio magico. A Ragusa tutti i sindaci hanno vissuto questa terribile malattia di solitudine e sospettosità, dove l’unico conforto agli affanni e alle beatitudini del governo era la possibilità di specchiarsi in qualcuno e ricevere assenso e pace. E’ capitato a Giorgio Chessari che si rifletteva in Gaetano Barone, è capitato a Mimmo Arezzo che si rifletteva in Anna Blanco, è capitato a Solarino che si rifletteva in Gian Piero Saladino, è capitato a Nello Dipasquale che si rifletteva in se stesso, ed ora anche a Federico Piccitto che si riflette in Stefano Martorana. Oltre allo specchio delle brame, però, nei castelli fantastici c’è anche la corte ossia il partito del sindaco composto da tutti quei consiglieri che per debolezza, tornaconto, ambizioni, leccaculaggine, condivisione, prendono il volo dai partiti e vanno a sistemarsi come degli angioletti attorno al loro signore. Cosa sta accadendo con i cinquestelle? Che il fenomeno migratorio non è scattato poiché la natura del movimento comporta l’ingannevole illusione della democrazia dal basso, degli eletti “portavoce”, delle scelte condivise, e l’intero pacco pieno zeppo di regole e passaggi che servono comunque a tenere salda nella mente e nell’animo una ricerca di freschezza nella immagine e nella linearità della “diversità”, costruendo un argine di contenimento alla deriva potenziale incombente sul sindaco. Quando il movimento – purtroppo coincidente con il gruppo consiliare, ma qui l’analisi si allargherebbe troppo – ha constatato che man mano Piccitto agiva noncurante delle emozioni del movimento – ed usiamo il termine emozioni perché i consiglieri in gran parte non vantano una struttura politica densa o ricca di contenuti, ma solo un sentimento primordiale di aspirazione e sogno per una politica alternativa – è nato il malcontento strisciante. Federico Piccitto ha scelto di soppesare il suo gruppone e con fare sbrigativo ha tirato per la sua strada certo che un’armonia superficiale e il coinvolgimento nella vita amministrativa di una Zaara Federico deputata al taglio del nastro tricolore, bastasse e avanzasse per riempire di dignità quei cuori semplici. Non è stato così, il sindaco ha commesso un errore. Non ha creduto che il Movimento fosse con il suo bagaglio di speranze, di rigore, di utopia, prevalente rispetto all’appagamento dato dalle morbidezze quotidiane dello stare al Comune di Ragusa. Perché allora il movimento non vuole Stefano Martorana e si è accanito su questo assessore? Per due motivi. Il primo l’abbiamo già spiegato, ed è l’intuizione felice di scardinare il cerchio magico – non a caso nelle richieste del Movimento c’è pure il rifiuto all’addetto stampa personale del sindaco, Allocca, un ragazzo che scatta foto, invia post su Facebook, fa da consigliere al primo cittadino scavalcando e disprezzando i consiglieri, e all’esperta al turismo, tale Tuzzolino, altra figura inutile, entrambi però pagati con i soldi pubblici – il secondo motivo del no a Stefano Martorana è assolutamente pieno di sostanza. Stefano Martorana ha gestito male la questione della Tasi il primo anno eliminandola e il secondo anno rimettendola in un andamento insensato che ha deluso e confuso i cittadini elettori; ha gestito male il risultato della sentenza che ha condannato il Comune a pagare quasi 9 milioni di euro per le speculazioni edilizie avvenute negli anni 90 nella zona di Pianetti – parliamo della causa per l’esproprio dei terreni cosiddetta Cascone Veli – che era un’ottima occasione per ricordare la delinquenziale politica del passato che ha divorato e distrutto Ragusa cementificandone la periferia. La vicenda è stata invece incellofanata in un dato tecnico, debiti fuori bilancio, senza cogliere l’opportunità politica della propaganda e della riflessione. Sono solo due esempi che danno però corpo ad un malumore che punta giustamente al nocciolo della gestione amministrativa: il bilancio comunale. Quale fantasia, quale progettualità oltre l’ordinario, quale innovazione – a partire dal baratto amministrativo per chi non può più pagare le tasse – come si sta coniugando la saggezza e l’equilibrio necessari in questo settore con un respiro moderno che vede il contribuente ridivenire cittadino? Dovrebbe essere – sostengono i consiglieri – il movimento e di conseguenza in qualche modo la città a decidere le linee guida della spesa pubblica, l’impegno delle royalties petrolifere, per dare il segnale di una compartecipazione alle scelte del Palazzo. Ed hanno ragione. Il fascino dei cinquestelle è la possibilità di intravedere oltre i due elementi base – lotta alla corruzione, ed efficienza del sistema pubblico, i primi faticosi scalini da risalire per uscire dal tunnel delle società malate come la nostra – la promessa di un mondo nuovo. Perché lo scontro tra consiglieri e Piccitto si è acuito dopo il caso Campo? I consiglieri, alcuni increduli, amareggiati e confusi, si sono chiesti come mai una volta avvenuta questa estromissione non si poteva procedere ad una rivisitazione complessiva come da loro richiesto da tempo, e così tutto è precipitato. Il sindaco come abbiamo già detto non ha capito che i consiglieri facevano sul serio e si è arroccato sulla sua posizione, e Stefano Martorana non ha avuto il buon gusto di capire quanto la cosa fosse seria e profonda e pur essendo amico di Federico Piccitto ha scelto di danneggiarlo invece di liberarlo da ogni legame. Si dirà che la legge dispone fra le prerogative dei sindaci la scelta degli assessori, vero! ma è altrettanto vero che i consiglieri comunali sono determinanti con il loro voto, e rappresentano – nel caso dei cinquestelle ancor di più considerato il loro posizionamento morale ed ideale in questa fase storica – l’asse di un progetto radicale di cambiamento assolutamente non realizzabile se affidato ad un’unica persona benchè intrisa di qualità. Ci sono stati decine di incontri estenuanti ed inconcludenti tra le parti. Il Movimento sbaglia a non rendere pubblica e palese la propria nobile posizione. Questo timore dovuto anche all’assurdità di un impegno puerile e carbonaro alla riservatezza imposto dai vertici del partito – quanto sarebbe stato salutare e piacevole sentire Luigi Di Maio parlare ai ragusani invece di saperlo qui in città nel chiuso di un locale a scervellarsi con i suoi sugli assetti della giunta! – ha indotto Federico Piccitto a giocare sporco mirando alle divisione del gruppo consiliare, stuzzicando le sensibilità specifiche e piazzando sul tavolo delle trattative lo scambio. Piccitto infatti ha usato la tattica di rompere il fronte dei consiglieri proponendo di riprendersi la Campo in giunta, – alla faccia del sacro principio di trasparenza! – e di mantenere inviolato il ruolo di Martorana. La mossa è sporca perché abbassa il livello della protesta politica dei cinquestelle riducendola a piccoli soddisfacimenti individuali – alcuni consiglieri erano e forse sono ancora vicini all’ex assessora – annacquando la portata che è invece prorompente, e garantendo al proponente, il sindaco, la continuazione del suo governare senza scossoni e fastidiose intrusioni. Insomma un ritorno alla “normalità” di stampo assolutamente conservatore. Piccitto potrà chiedere ancora altro tempo – sarebbe tristissimo sapere che tra i tanti problemi di un primo cittadino ci possa essere anche l’angoscia di trovare un posto di lavoro ad un assessore in uscita – e se lo farà e se i consiglieri accetteranno questo “patto a tempo” l’azione amministrativa verrà indebolita da questo nodo durissimo, da questa tensione reciproca irrisolta. A questo punto spetta a Stefano Martorana comprendere che la sua permanenza non vale questa dolorosa frattura fra sindaco e movimento. Il presidente Mao diceva: “grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”. Ce lo auguriamo; Piccitto è un buon sindaco, e l’esperienza cinquestelle è ancora tutta da vivere.
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