Finita. La vicenda che ha portato alle dimissioni di Stefania Campo a seguito di un nostro articolo che raccontava tutti i passaggi inopportuni riguardo l’assunzione come letturista di contatori idrici per il comune di Ragusa del marito dell’ex assessora, dopo le tante puntate della commissione trasparenza e le tante audizioni dei protagonisti, è finita. La relazione presentata e votata favorevolmente solo dalle opposizioni descrive con puntiglio le incongruenze dei bandi, l’anarchia di palazzo con le gare variabili a seconda delle tendenze di dirigenti e impiegati, la presenza di una suocera, madre dell’assessora, che si occupa della gara che interessa il genero, le scelte arbitrarie per il reclutamento del personale, la mancata vigilanza sulla conduzione degli appalti, la discriminazione di alcuni lavoratori… insomma una rappresentazione della Italia odiata dai cinquestelle che però stavolta erano gli attori protagonisti. Ed è su questo aspetto che si deve prestare attenzione non tanto per inseguire la volgarissima soddisfazione nel puntare l’indice anche su loro che “poi diversi non sono” – lo sforzo e la tensione per essere diversi c’è eccome! – piuttosto per riflettere sul loro panico di fronte alla complessità della politica. Il caso Campo li ha travolti, lo sappiamo, e questa storia coniugata all’intolleranza verso l’assessore Stefano Martorana ha portato a tre mesi di disagio fortissimo al loro interno. La questione è: come affrontare ciò che è imprevedibile? concetto che allargato un po’ significa come gestire i troppi casi della vita politica. Davanti all’ostacolo si imbambolano, si irrigidiscono, perdono di lucidità, poi, con sforzo enorme si riprendono. Questo è il loro limite di immaturità che gli fa compiere cazzate. Gela è un esempio lampante del loro agire puerile. Dopo che hanno compreso che rogna fosse quella città se la sono squagliata e sono tornati sereni come se la fuga non fosse stato il vero fallimento. Stessa roba potrebbe accadere su Roma dove si trincerano ancora con la roba dei programmi facendo intuire che forse non vogliono vincere. Che c’entra ‘sta roba con la storia della Campo? C’entra. Sono rimasti intrappolati, non riescono ad uscire dallo schema mentale dei buoni e cattivi, ed invece di agire apportando qualche modifica alla relazione della commissione trasparenza, votare velocemente e filarsela, hanno dato il loro no netto prolungando l’agonia. Presenteranno un’altra relazione dove chiaramente la verità verrà edulcorata, negata e stravolta, con il risultato che saranno sbeffeggiati dall’opinione pubblica. Non aver capito l’urgenza di chiudere la vicenda comporta un altro guaio perché la difesa ad oltranza ha una conseguenza logica: se la Campo è inviolata dal peccato può essere in teoria riconfermata nella squadra assessoriale, operazione però improponibile perché tutti i cinquestelle sanno il danno di immagine creato dalla signora e il gran pasticcio dell’assunzione del letturista. C’è quindi un livello immaginifico di struttura politica, meraviglioso e fragile come l’alabastro, e poi gli schiaffoni della realtà. Stentano a trovare un equilibrio, ed è per questo che tengono il muso al sindaco Piccitto ritenendolo troppo duttile e pronto alle soluzioni opportune che loro non gradiscono preferendo solo le soluzioni “giuste”. Viene da ridere a pensare chi fra i componenti della trasparenza dovrà redigere la controrelazione. No, non sono in grado di stilare una memoria, vanno aiutati quando abbisognano della logicità del pensiero trasferito in scrittura. Potrebbero rivolgersi ad un avvocato d’area come Carmelo Giurdanella stimato professionista vittoriese che i cinquestelle vorrebbero candidare a sindaco. Il tema è sempre lo stesso gira e rigira, ed è la selezione della classe dirigente. Quel che accade a Vittoria la dice lunga su quanto siano doverosi i processi di crescita dentro le formazioni partitiche ed i movimenti. A Vittoria c’è stata una guerra tra due meet up, un macello. Poi dopo fratture, epurazioni, condanne, la riunificazione. Si avvicinano le elezioni ed i ragazzi capiscono di doversi attrezzare per la sfida. Arriva una giovane avvocatessa e propone ai compagni di andare a prendere qualche lezione di diritto: spunta così il nome di Giurdanella che già offre il suo sapere all’amministrazione ragusana confortando l’azione dell’assessore Corallo nelle sue delicatissime deleghe, e che pare abbia dato gratuitamente consulenze e apporto per le grandi battaglie No Muos o No Triv. I grillini vittoriesi iniziano le lezioni ogni lunedì sera. Incantati e riconoscenti, dopo qualche settimana aprono i loro cuori all’avvocato che con tanta generosità li aveva acculturati sui primi elementi di diritto amministrativo, e lo acclamano loro leader proponendogli la candidatura a sindaco. L’entusiasmo per un attimo si affloscia perché i ragazzi sanno che per potersi candidare serve il requisito minimo: l’iscrizione al meetup; dura un attimo lo smarrimento poi tutti tornano a sorridere scoprendo che l’avvocato, con lungimiranza, prima di Natale si era iscritto. E’ divertentissima questa storiella che mette a confronto l’illusione della spontaneità, uno stato di ingenuità, e l’oscuro, faticoso e dettagliato sentiero dell’ascesa politica. Quali sono i confini tra bene e male di queste due diversità che si sono incontrate? Perché non ammettere le sfumature multiformi della politica? Cosa c’è di terribile se un Giurdanella prova ad organizzarsi per soddisfare un’ambizione? La cosa terribile è solo non comprendere le variabili, il caso, gli intoppi, le cantonate, e ostinarsi a non accettarli, come accaduto a Ragusa con la Campo.