Capita a volte che la vita vada avanti lenta. Così la crisi del governo di Ragusa la cui esplosione si è già dimenticata sia per il silenzio del sindaco sia per i troppi affanni dei cittadini che a stento conoscono i nomi degli assessori o i motivi della contrapposizione tra consiglieri cinquestelle e Federico Piccitto. Siamo giunti a un punto certo: il sindaco -qualsiasi cosa accada e si dica – il suo Stefano Martorana, delegato al bilancio, non lo molla. E in due parole siamo arrivati al cuore del dibattito. Piccitto è come Renzi: la sua Maria Elena non si tocca. La questione non è l’irritazione per l’uomo solo al comando – prima o poi i consiglieri si sorbiranno questo fare renzista e impareranno a coltivare in proprio la delusione e il fastidio per il loro sindaco irraggiungibile – quanto l’impossibilità del movimento cinquestelle a dichiarare con lealtà la sofferenza che si sta vivendo in questa esperienza amministrativa. Qual è il punto di crisi? Le regole di apparenza. Il manto protettivo della missione è una gabbia che impedisce la libera articolazione del pensiero autonomo: spostare per un attimo la veste dalla rossa croce e prendere aria è considerato tradimento. E’ la casacca che li identifica come giusti. Ed è questa consapevolezza dello stato obbligato di prigionia che rende forte Piccitto – che sfugge al confronto – facendolo accanire in un braccio di ferro. Dalla sua ha la necessità di finzione del movimento. Anche il loro leader regionale Giancarlo Cancelleri che molto probabilmente potrebbe divenire governatore di Sicilia, non ha saputo in sei mesi di tormenti addivenire ad una soluzione e non ha avuto neanche la capacità e il coraggio di schierarsi o con l’uno o con gli altri- intendiamo sindaco e gruppo consiliare – dimostrando di essere solo una figurina di propaganda priva di spessore. Cuperlo direbbe: non è all’altezza del ruolo. Stiamo assistendo a qualcosa di assai strano. Il partito che si propone come innovatore – e quasi tutte le battaglie sono condivisibili sia per buon senso, sia per involontaria matrice progressista- e che si dichiara in un linguaggio aperto e dissacrante, non riesce ad ammettere con se stesso un conflitto, come se l’armonia di gruppo fosse condizione indispensabile per una buona azione di governo. E’ il partito della felicità. E così l’altro giorno a Vittoria per l’apertura della campagna elettorale la frenesia dell’apparenza ha toccato il ridicolo. Un deputato europeo, Ignazio Corrao, microfono in mano attirava le masse come un ottimo venditore di pentole: “Siori e siore lo vedete questo uomo Federico Piccitto da Ragusa? Ebbene si, questo è il sindaco che dico migliore della Sicilia, che dico migliore del meridione, che dico migliore dell’intero stivale! Venghino, venghino e ricordate: raddoppiate questo miracolo anche a Vittoria!”. C’erano due consiglieri comunali di Ragusa, Stevanato e Leggio, che per l’imbarazzo quasi quasi venivano risucchiati dalle mura dell’aristocratica Via Cavour. Ormai che ci siamo, prima di tornare alla nostra Ragusa, due parole sul candidato sindaco di Vittoria Avvocato Carmelo Giurdanella. Si legge in un volantino (redatto da Biagio Battaglia colui che fu protagonista dell’organizzazione della campagna elettorale ragusana, poi allontanato da palazzo e quindi inghiottito dallo scisma dentro il movimento) che Giurdanella ha uno studio legale con sedi a Vittoria, Roma, Catania, Palermo, Milano, e Bruxelles. Già depone male: un professionista di successo che ha studio a Bruxelles non dovrebbe avere niente a che fare con Vittoria per una sorta di incompatibilità a largo spettro. Che dire di questo Giurdanella? come fare capire il tipo? Veloce, intrigante, rassicurante, ci ricorda tanto l’avvocato Tuccio Di Stallo, anch’egli appassionato di politica. Torniamo a noi, a Ragusa. C’è soluzione per la moria all’interno della giunta e la nascita di un nuovo esecutivo? Sì. Basterebbe fare all’antica: rimpastarsi. E qui ci si può sbizzarrire. Leva l’urbanistica a Corallo e dalla a Partecipiamo; Maria Elena ripone il bilancio nelle mani dell’amato sindaco; l’immondizia la si rigira a un fidatissimo; a fimmina alla fine sempre si trova nella società civile. L’importante è che ‘sto travaglio abbia fine. Ci sono fungi, nel senso di musi, a Palazzo, che viene una tristezza! Solo la Zaara svolazza e va abbracciandosi civettuosamente nei corridoi con i peggiori cattivoni dell’opposizione. Al momento però la spaccatura è verticale. Da una parte il sindaco coi i suoi consiglieri, i federiciani, che sono: Disca, Brugaletta, Zaara Federico, Spadola, Fornaro, Dipasquale, e ci mettiamo anche la new entry La Terra -già salesiano, ragazzo di Don Salvino – e dall’altra i movimentisti. Questione di giorni e poi il sindaco comunicherà la decisione presa. In mezzo a tutto questo immenso silenzio si è scoperta la verità che li incupisce. La mirabile Gerusalemme, città tutta pregna di luce, bontà e misericordia, città dal cielo casto, non esiste più nell’anima dei cinquestelle e questa rivelazione li ha schiantati, atterrati, appiedati. Quasi come capitato ad Antonio Zanotto al secolo assessore all’ambiente. Pare che gli abbiano rubato la bicicletta, unico suo mezzo di trasporto. Concittadini infami e ladri. Era l’unico, Zanotto, a rendere plasticamente il senso di una giustizia sociale a portata di mano. Gli altri camminano in Bmw. La scelta è drastica: una volta compreso com’è schifoso il mondo, meglio farsi fuori il veneto a due ruote.
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