Pubblichiamo alcune parti dell’articolo dell’opinionista don Paolo Farinella che su Micromega ha analizzato lo scontro tra Renzi e Zagrebelsky. “Ho letto letture superficiali, interessate, banali su chi ha vinto e su chi avrebbe perso, prova che viviamo in un tempo disgraziato dove tutto si misura sulla velocità, sul ritmo televisivo e sull’abilità di uso della tv e su molti commentatori che tengono famiglia e devono adeguarsi. Provo ripulsa istintiva nei confronti di Matteo Renzi, fin dal giorno antecedente della prima Leopolda, quando dissi e scrissi che quello mirava non a riformare l’Italia, ma a prendere possesso del Pd che ancora fornicava a sinistra per farne uno strumento di destra. Quando il 7 dicembre del 2010, Renzi andò in pellegrinaggio ad Arcore, il plurindagato non ebbe difficoltà a dirgli: «Tu mi somigli». E così fu perché lo era. Premessa il mio indomito pregiudizio verso l’Apparenza di Rignano, proviamo a leggere ciò che è accaduto la sera del 30 settembre 2016 non sui contenuti che non è possibile affrontare per scelta di Renzi, ma sugli atteggiamenti e quindi sulle persone, o meglio sulle «personalità» dei due oppositori. Renzi si è presentato con un sorriso affettato e si prodigava in un effluvio di stima presunta verso il Professore nella quale non credeva. Era lì non per incontrare il Giurista e fargli capire la bontà della sua riforma, ma per dimostrare ai telespettatori – ma forse a se stesso – di essere bravo e di saper mettere «nel sacco» anche «i professoroni». Si leggeva in modo evidente che diceva «professore», ma pensava «professorone» e la prova sta nel fatto che lo ha negato sorridendo in modo stiracchiato, nonostante più volte avesse tuonato contro i «superprofessoroni che discutono» Il suo atteggiamento era di estremo disagio, forse perché per la prima volta non sapeva di cosa parlare perché si era fatto preparare uno schema di slogan per cogliere in castagna l’avversario con citazioni dello stesso Zagrebelsky e altri luminari che non può annettersi, ma che ci prova perché è senza argomenti. La strategia è fallita dall’osservazione semplice del Professore che, disarmato, lo rimetteva in riga: «No so cosa ho detto, ho detto tante cose, ma se lei mi avesse detto che questa sera avremmo parlato delle nostre contraddizioni mi sarei preparato e avrei portato la lista delle sue contraddizioni, signor Presidente del Consiglio». Renzi si aspettava un balbettio confuso e forse «rinco…», si è trovato davanti una quercia che non si è mossa di un millimetro, restando sul tema della sera, mentre l’altro sconfinava sempre e riparava sulle frasi ad effetto, non del tutto veritiere, per la verità, della diminuzione dei «parlamentari», risparmi di 500 milioni (sic!!!!) e altre amenità. Per ben due volte il Professore lo ha richiamato come un insegnante richiama lo scolaretto nervoso e annoiato: «Perché non mi guarda quando mi parla, signor Presidente del Consiglio» oppure «… ma mi sta ascoltando» Nervoso e ironico per tutta la sera, il presidente del consiglio dei ministri non è stato capace di portare un argomento istituzionale, ma solo slogan e il lussureggiante futuro dell’avvenire con l’abolizione della morte per tutti, la depilazione estiva obbligatoria, la neve ad agosto, la banca Etruria salvata con i risparmi dei poveracci… Da una parte vi era un borioso saccente, tronfio di sé e del proprio potere, dall’altra un Professore pacato, sereno, in grado di parlare di contenuti e comprenderne le conseguenze, un professore che ha potuto sperimentare come nessuna scienza è possibile condividere con chi vuole essere sordo e ignorante perché a lui basta comandare. Grazie, Professore, stanando il presidente del consiglio e obbligandolo a essere se stesso, sprezzante e incapace di ascoltare le ragioni contrarie, lei ha dato a noi le motivazioni per un ponderato NO”.
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