“Lui è la ragione, la verità, il giudizio. Alto, magrissimo, con l’occhio stretto e saettante da lucertola. E’ un eroe, un narciso, un insopportabile tiranno, un ridicolo esibizionista, un padre insomma, un re bello e penoso, amato e odiato”. Sino a qualche mese addietro erano queste le onde sentimentali che ci attraversavano, divisi tra la pietà e l’attrazione, irretiti dalla sua presenza. Il dolore della crisi ha il vantaggio dolorosissimo di averci risvegliato dal fascino e dall’orrore della sottomissione. Ora in questa città spenta e spolverata di neve la sua figura è un’ombra. La sua vitalità è anch’essa defunta nella ripetitività dello scatto fotografico quotidiano: là incita, qui controlla, là esorta, qui dispone. Non si sente la sua parola, la sua voce, quel qualcosa di calamitante che ci aveva imprigionato è anch’esso perduto. Circospetti, furtivi, sentiamo un vento di pericolo se si annuncia il suo arrivo e poi ci risolviamo in un sospiro di sollievo quando si allontana. L’anarchismo piccolo borghese che lo aveva fatto trionfare, ora lo vuole sbiadito, in uscita dalle nostre necessità; non pensiamo a sostituzioni o rivincite: l’elaborazione del lutto per la città uccisa sarà lunga. Il Palazzo è ancora intatto, i figuranti non sanno di essere morti ed anzi si rallegrano e vorrebbero imporre la festa. Hanno organizzato tre carnevali: il barocco, il mask, e la corte di Giufà. Uno per la Migliore, uno per Barone, l’altro per Cosentini. Non c’è nient’altro, nessuna forma di governo. Oggi, però, si è sparso il sale sulla città ferita e così è apparsa più bruciante quella smania di bramare il pericolo che consente l’inutile azione. Non serviva il sale, c’era il sole, ma era un’occasione eccitante, perchè perderla? Tre carnevali, così si divertono tutti e tre gli assessori coltivando l’illusione che l’intera città si diverta. E il sindaco? Sta in trincea – lo ha detto ai Forconi. Cosa intendeva non sappiamo. Forse, nel suo ultimo viaggio, quello a Miami Beach, del mese scorso, ha conquistato la prima fila in spiaggia e da lì ha sognato di irrompere nella dirimpettaia Cuba. Per noi, invece, la trincea è il disastro di via Roma, un quartiere devastato per costruire il miraggio di una futura grandezza. Come il principe Ludwig immagina, lui può.
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