Cosa vorremmo dalla sanità, noi cittadini ragusani? Alla fine una sola cosa: la certezza che il sistema impieghi al meglio ogni intelligenza, ogni risorsa, ogni capacità per fornire il diritto alla salute pur sapendo che questa esigenza di efficienza, modernità, civiltà ha degli ostacoli imposti dalla cattività dei tempi; ma quando l’accettazione consapevole di questo difficile equilibrio viene umiliata dallo sperpero, dalla leggerezza, dall’inutilità della spesa pubblica, l’indignazione prevale e attraversa l’intera comunità. E ciò che accade in queste ore, da quando si è scoperto che il direttore generale dell’azienda sanitaria Maurizio Aricò ha affidato il compito a delle belle e aristocratiche signore – le sorelle Vicky e Costanza Di Quattro – di pubblicizzare il nuovo ospedale di contrada Cisternazzi. Quarantamila euro buttati al vento con modalità che nulla hanno a che fare con la logicità normata della sana amministrazione. Tutto ha inizio il 30 dicembre scorso quando spunta in apposito angolino del sito dell’azienda, ben lontano dallo spazio in evidenza, una manifestazione di interesse senza oggetto, senza delibera preventiva, senza impegno di spesa, solo un elenco di banalità del tipo “capacità relazionale, gestione profili facebook, creatività, contatti con la stampa, produzione video per la tv, disponibilità di location esclusive per organizzare serate ed eventi per presentare il nuovo ospedale inserendolo nella storia del territorio per facilitarne la fidelizzazione da parte dei cittadini”. L’avviso ha un termine: il 9 gennaio. Nel mezzo il 31, il capodanno, la befana, il sabato, la domenica… Ma le sorelline Di Quattro sono attive, presenti, vigili, e con la dedizione al lavoro tipica del loro ceto invece di dedicarsi alle follie di fine anno si accorgono del bando e, sole, rispondono. Hanno il progettino, scrivono loro la cifra, 40 mila euro, e poi – guarda che fortuna!- possiedono la migliore delle location esistenti sul territorio, un teatro con annesso foyer dove hai voglia a far serate con tanto di tartine che più te ne cali più ti convinci della piacevolezza del vivere. L’avventura ha inizio. Aricò entusiasta, accetta. Un colpo di spazzola al ciuffo grigio, il collo infilzato dalla farfalletta, la delibera calda calda, e voilà si piega al passaggio delle sveglissime ragazze di Corso XXV Aprile: immediata esecutività all’atto, e pure l’accettazione della cifra proposta – solo un ritocchino da 40 mila a 39.750 euro così tanto per dire che l’Asp domina, controlla, stabilisce. Non è finita. L’azienda sanitaria è provvista di ufficio stampa e persino di un piano comunicazione, ma stavolta questo apparato non serve, può essere scavalcato ed infatti la manifestazione di interesse nella scarna redazione che abbiamo virgolettato viene elaborata da un altro ufficio, il provveditorato, che di solito si occupa di concretezza assoluta – dalle lenzuola alle pale per i bisognini – e che tuttavia in questa circostanza abbandona le urgenze quotidiane dei ricoverati librandosi nel sogno creativo. Andiamo alla sostanza. Serve pubblicità agli ospedali? Si è mai visto nelle città che vantano forti e vere eccellenze ospedaliere, pubblicità del genere – venite alle Molinette di Torino, visitate il Niguarda di Milano, scegliete il Policlinico di Roma -? Il diritto alla salute, il diritto alla scelta delle cure sono beni garantiti dallo Stato, e l’affidarsi a una struttura sanitaria non dipende certo da piacevoli spot in cui la Ragusa del barocco e delle vallate trova compiutezza contemporanea nella struttura ancora pressoché vuota del nuovo ospedale. E’ la casistica chirurgica, il tasso di mortalità, la fama consolidata del grande professore, la tradizione storica di un reparto che fanno la differenza e rincuorano i cittadini (la fidelizzazione è un volgarissimo termine da mercanti che i ragusani respingono) e non c’è sofisticato evento o mirabile campagna televisiva che possa sostituire il passa parola, il conforto e l’esperienza del medico di famiglia, la ricerca dettagliata e a volte disperata per provare a risolvere un problema di salute trovando il giusto ospedale. Si dovranno fare conoscere, è vero, le caratteristiche di questo ospedale. Ed infatti è doveroso organizzare A COSTO ZERO, come di norma avviene, incontri tra i primari e i medici di base e i volontari e le tante associazioni di malati … insomma molteplici azioni di rilancio soprattutto nel settore della chirurgia generale per anni sfasciato e che ha costretto i ragusani a un decennio e passa di migrazioni a Catania e nel continente. Perché la sanità ragusana si è ridotta a trastullarsi con il salotto di prima classe messo gentilmente a disposizione – a prezzi non proprio popolari – da due affascinanti dame? Perché confidare che un affidamento così ben architettato non infranga la regola di serietà e compostezza a cui la sanità deve attenersi? Se non c’è giovamento reale, collettivo, palpabile, e la vacuità è dimostrata, cosa ha spinto Aricò a gettarsi nelle braccia delle nobili fanciulle di Ibla? La spiegazione ovviamente sta nel decadimento valoriale della cosa pubblica. Chi gestisce il danaro della comunità soffre di mutazione dei sensi: non sente la sofferenza, la rabbia, l’abbattimento che affliggono la popolazione e può arrivare a credere che sia normale catturare nella propria sfera la crème della crème. Relazioni, contatti, è così che gira il mondo, è così che girano i soldi, è così che anche la politica gira. Sembra la nuova primavera, quasi l’incipit delle campagne elettorali che si avvicinano, sembra quel Ragusa grande di nuovo che torna inquietante e falso. No? E allora ce la raccontiamo senza le nebbie dei rapporti di sudditanza, di accreditamento, di legami… senza scambio, senza ritorno, pura come una favola. C’era una volta un distinto signore che aveva un enorme castello nuovo di zecca e dato che era timido non sapeva come far credere alla gente che là nella nuova magione il povero e il viandante potevano trovare riparo dal freddo, dalla fame, e dalle malattie. Un bel giorno mentre passeggiava tutto solo nelle vie del borgo nella altezzosa Ibla dai dieci palazzi, incrociò per la strada due principesse che osservandolo nella sua cupezza, gli cinguettarono intorno e lui, fulminato dalla loro grazia e dal loro incantevole sorriso, cadde ai loro piedi ed esclamò: “Bellissime principesse, Voi che possedete tra le tante virtù e oltre il vostro lignaggio, il dono del CONTATTO incantato, volate via per la città, uscite dal piccolo regno di questa strada d’aprile e aiutatemi nel mio intento!” Le principesse che erano due sorelle furbacchione e conoscevano i trucchi e le finezze delle vecchie casate spagnole sussurrarono, celando a stento il riso: “Noi in verità potremmo liberarti dalla tua ansia e realizzare il tuo desiderio… non manchiamo di nulla! Ma tu Cavaliere col cravattino cosa puoi darci in cambio?”. E l’ometto abbagliato da quella offerta generosa tirò fuori dalla borsa quel che aveva: 40 mila monete d’oro. Che gran storia. Meglio la realtà. Viva la Ragusa democratica, viva la Ragusa del lavoro.