Ha deciso di gettare la spugna. Un pausa di riflessione con le dimissioni da presidente provinciale della Confederazione italiana agricoltori. Una scelta sofferta ma motivata. Francesco Tolaro, imprenditore nel settore del florovivaismo, ha deciso di fare un passo indietro. “Non ci sono le condizioni per poter proseguire il percorso che aveva deciso di intraprendere – spiega Tolaro -nessun rancore nei confronti della mia organizzazione ma solo la consapevolezza di non poter più proseguire nel modo migliore il mandato che gli amici produttori mi hanno assegnato”. Sullo sfondo uno scenario economico e gestionale difficile. Con un buco in bilancio della Cia ragusana ancora da risanare. L’idea della Cia nazionale è di accorpare le tre organizzazioni a livello regionale in un’unica entità. “Mi ero prefissato delle scadenze a breve termine –commenta Francesco Tolaro -con un confronto con il direttivo provinciale e le imprese. Adesso ho deciso di trascorrere le mie giornate in azienda e con la mia famiglia”. La crisi di mercato ha mandato sul lastrico centinaia di produttori. Intanto Le aziende e gli impianti serricoli sono in vendita. Da Chiuse Nuove, a Casuzze, fino a Randello, lungo la fascia trasformata, decine le imprese che hanno dismesso in totò l’attività. Numeri “imponenti” di una crisi senza precedenti: il 60 per cento delle aziende della fascia trasformata ha deciso di chiudere anzitempo. Colpa della crisi di mercato ma anche dei prezzi dei prodotti orticoli che segnano una flessione a doppia cifra. “Le aziende sono sul lastrico – dice Biagio Emmolo, presidente della Cia di Santa Croce Camerina– e la classe politica ha disatteso le richieste del mondo produttivo. Non chiediamo interventi a pioggia, che sia ben chiaro, na un’azione incisiva e determinante in materia di ristrutturazione delle aziende e un sostegno al reddito. C’è tanta sfiducia tra il mondo produttivo con i prezzi degli ortaggi che non riescono a coprire neppure i costi di produzione”. A pesare negativamente sulla redditività dell’agricoltura è la riduzione dei prezzi pagati alle imprese agricole per effetto dello strapotere contrattuale degli altri soggetti della filiera, ma anche per la concorrenza sleale dovuta alla mancanza di trasparenza nell’informazione ai consumatori che permette di spacciare come Made in Italy prodotti importati.