Iniziamo con il saldo della Tari recapitato in questi giorni: una botta micidiale con bollette incomprensibili ed ecobonus con compenso irrisorio rispetto all’impegno dimostrato dai cittadini che hanno accumulato i punti della differenziata. I ragusani in queste ore sono disperati per questa tassazione e non si leva una voce da parte dell’opposizione significando che forse è destino ineluttabile essere massacrati dallo Stato e dal Comune. Invece riguardo i rifiuti un’altra notizia ha fatto subito il giro della città come se qualcuno avesse vinto al lotto: la grande gara, quella dell’immondizia, da 80 milioni di euro, l’ha vinta Busso, la piccola ditta che iniziò con “l’apa” e camionicino nell’altrettanto piccola Giarratana. L’appalto dei rifiuti doveva essere la chiave di volta dell’amministrazione cinquestelle, arrivava la tecnologia, la superdifferenziata, la rivoluzione verde: un quadretto asettico e inodore che ci sganciava definitivamente sia dalla materia, il rifiuto, sia dalla realtà imprenditoriale fatta, e dentro i limiti è naturale, di appiccicosi e sudici contatti e relazioni. Stride la volontà di questo impetuoso cambiamento con il risultato finale: non sono arrivati gli svizzeri a ripulire il mondo, ma Busso associato ad altre due ditte, ed ora Piccitto dovrà attrezzarsi per il risveglio mantenendosi in equilibrio tra il sogno futurista raccontato a se stesso e a noi ragusani e la gestione dei rapporti – fatti di sangue e carne più che di alta tecnologia- con la ditta che verrà. Il mondo dell’immondizia da Roma in giù è il vero ritratto dell’Italia: qualche oasi di diversità e poi approssimazione, clientelismo, corruzione, racket, insomma chi ha la rogna è lindo come il pupo della Pampers. Una materia schifosa e in vorticosa crescita dentro un contenitore, l’appalto, che in ogni sua forma e tipo di contratto e servizio ( strade, autostrade, ferrovie, discariche…) si sta rivelando in Italia fonte di malaffare. Nel mezzo la politica che o si fa inghiottire dal tritacarne o grida allo scandalo e chiede rigore e legalità, vedi i cinquestelle. Piccitto s’é trovato tre anni fa una città carina senza palesi indecenze e sotto sotto quietamente organizzata in un sistema di scambio tra Palazzo e tre detentori d’affari privati e pubblici: i costruttori, il gestore dell’immondizia Busso, e il gestore dell’acqua La Ferla. Un giro che si accavallava, si ricaricava, respirava dell’altrui ossigeno, in una circolazione incessante che aveva come pompa centrale l’ex sindaco che garantiva un flusso continuo di possibilità di permanenza e e sviluppo trasformando – man mano che la crisi annientava ogni altra azione economica spontanea ed autonoma – questi rapporti privilegiati nell’unica cassa degli affari ragusani mentre fuori tutto moriva. Non è certo facile scardinare un apparato del genere ed è ancor più arduo inventarsi stimoli tali da far ripartire l’economia, ma – e qui sta l’errore di Piccitto –occorreva conservare una forte tensione ideale di denuncia e di analisi e un forte controllo amministrativo. Tutto questo non c’è stato e i tre ambiti – urbanistica, acqua, ambiente – sono stati trattati come materia normale, tuttavia erano settori ad altro rischio per contatto e contagio. L’assessore Corallo gestisce malissimo l’urbanistica ostentando incompetenza e disinteresse – un atteggiamento da furbo per dichiararsi a priori innocente in caso di errori e ritardi (non basta, sarebbero preferibili le dimissioni) – e così uno dei punti centrali della rinascita cinquestelle è collassato e nessuno, anche il sindaco, ritrova il gusto morale e il coraggio di riflettere sull’urbanistica abbandonata che tradotto significa riconsegnata ai vecchi comitati del “fare”. Passiamo all’acqua, ossia La Ferla che, sempre con l’assessore Corallo, si ritrova vincitore di tutti i servizi comunali in testa l’idrico dove i meccanismi di “sistema” dovrebbero essere arginati attraverso un controllo serrato, puntuale, terzo. Che significa? Vuol dire che l’appalto prevedeva la figura di un direttore esterno, non comandato quindi da La Ferla, che fungesse da garante nei confronti della comunità affinchè l’appalto fosse rispettato. Questo direttore non c’è, con la conseguenza che si procede ancora una volta nell’abitudine di affidarsi al buon cuore dell’appaltatore coltivando un confronto diretto e senza regole tra uffici e gestore. Ed ora l’immondizia di Zanotto “ciò”, il veneto che portò la rivoluzione verde negli iblei con a capo Busso. Questi si è presentato alla gara e al momento l’ha vinta – sono gare milionarie e regnano i ricorsi e gli annullamenti- con una associazione d’impresa con capofila la Ciclat cooperativa ravennate, e la Igm di Siracusa. Come mai solo due offerte, l’altra era un gruppo di Messina, fra l’altro con società che in alcuni casi grondano di problemi -da debiti milionari alle più svariate ipotesi di reato? La risposta la conosciamo: il sistema dei rifiuti è marcio, per molte gare i margini di guadagno sono pochi e le imprese di solito rispettano i territori altrui e non vogliono pestare i piedi agli indigeni. La capofila Ciclat dovrebbe comunque trattenere gran parte delle quote, e allora cosa cederà alle altre due della cordata? Come verrà diviso l’appalto? A quale spezzatino dovremo assistere? Intese e collaborazioni difficili per spartirsi un bottino esiguo che si accresce solo se si spadroneggia dentro l’appalto ossia si inizia a fare profitto, serio e corposo, se si riesce a tenere lontano ogni tipo di controllo tecnico e amministrativo. Busso che vanta conoscenza dei luoghi vorrà fare la parte del leone dentro l’associazione d’impresa e occorrerà stare attenti ai trattati interni all’appalto. Ci vuole il pelo nello stomaco quando ci si muove dentro i rifiuti e Zanotto sembra proprio il tipo che se qualcuno gli fa bau monta in bici e se la squaglia. Insomma per dare un senso alle salatissime bollette sull’immondizia ci vorrà parecchio tempo, ad aver fortuna. L’amministrazione al momento tace e nemmeno immagina quanto sarà difficile far partire un servizio con tre ditte diversissime per storia, capacità, management. Frattanto a Siracusa i cinquestelle, all’opposizione, denunciano la Igm per come svolge il servizio e soprattutto per una confessione rilasciata dai suoi vertici due anni addietro quando ammisero di aver ceduto alle estorsioni di una frangia criminale mafiosa legata al clan catanese dei Santapaola. Roba da mandare in delirio i grillini aretusei. Dunque Zanotto dovrà far finta di non saper nulla degli umori e delle prese di posizione degli amici del meetup di Siracusa, e Piccitto sarà costretto a chiedere a Corallo una lezione base su come si fa alla “comisara” a tenersi buoni tutti senza schierarsi con alcuno. E noi? Intanto dobbiamo pagare la bolletta se no Stefano Martorana con sguardo affilato ci accusa di evasione. Ci rimane un’unica possibilità di reazione: conservare alto e vigile il giudizio. Squattrinati e impoveriti sì, ma lucidi e con pensiero autonomo. C’è qualcuno però già felice del trionfo di Busso. Questo il post di Lattuca sindacalista Cgil e tifoso di Busso: “Carissimi amici e compagni con moltissimo piacere, con il dispiacere di qualcuno, vi comunico che l’appalto è stato vinto da Busso…”. Arriva l’amara conferma: il sistema è ancora intatto e non è stato scalfito se un padrone come Busso viene descritto con entusiasmo da ultrà dal rappresentante della Cgil. Il padrone sarà buono, ma il sindacato, per farci capire, “tanto giustu nun c’è”.