Il nostro consiglio comunale è finito a “Striscia la notizia” nella rubrica I nuovi mostri con la consigliera Maria Rosa Marabita che giorni addietro è intervenuta in aula – riuscendo a stento ad articolare qualche frase – sostenendo che forse Grillo, forse un deputato, sicuramente qualcuno che voleva intimidirla ed influenzarla, l’avesse chiamata al telefono per spingerla a cambiare atteggiamento nei confronti dell’amministrazione Piccitto che lei, sappiamo, critica fortemente ritenendo il sindaco e la sua giunta traditori dei principi del Movimento. Striscia la notizia, il programma di Antonio Ricci, un genio della televisione e collaboratore di Beppe Grillo in grandi performances (Te la do io l’America, Te lo do io il Brasile) – due letture del mondo che hanno senz’altro contribuito come esperienze conoscitive a formare una nuova coscienza morale dell’ex comico poi sfociata nell’impegno politico – ebbene Striscia la notizia insieme a tutte le trasmissioni della Maria De Filippi permangono attualmente i mezzi principali della destrutturazione di pensiero degli italiani utile a cancellare o depotenziare la coscienza collettiva, e così oggi questo tipo di trasmissione sbattendo una poveraccia come la Marabita sugli schermi nazionali è riuscita a demolire la buona immagine dei cinquestelle sottolineando le pietose caratteristiche di un singolo aderente e uccidendo con la derisione l’offerta di cambiamento proposta dal movimento. La Marabita è finita a Striscia per colpa dello stesso Movimento 5 stelle di Ragusa che su facebook l’aveva canzonata costruendo un video che ha suscitato a catena l’interesse della stampa. Un cortocircuito che ha mandato per aria tutto il movimento senza distinguo tra ortodossi e dissidenti aumentando il sentimento di delusione che circola, soprattutto a Ragusa, nei confronti del governo così come acclarato dal sondaggio che ha schiaffato il nostro Federico Piccitto nelle parti infime della classifica, e che suggerisce qualche riflessione. Innanzitutto il legame tra movimento cinquestelle e cultura di massa che si esprime e a volte si esaurisce nei modi comunicativi che dominano i social – irruenza, semplificazione, violenza verbale, superficialità ovvero ogni istinto e reazione sostitutivi del rigore profondo della logica (ritroviamo quindi i toni privilegiati ed eccitati dalla televisione di cui parlavamo sopra ) – legame che ostacola l’elaborazione di un modello culturale politico dai contorni netti. Ed infatti, tornando a casa nostra, una Marabita, popolana che per giusto furore populista diventa rappresentante del popolo dimenticato, viene poi derisa per la sua grettezza linguistica e sbeffeggiata con ardimento e godimento (purtroppo sì dal sapore fascistoide) senza porsi la domanda sul ruolo e la funzione dei poveri, degli ultimi, degli esclusi nell’ipotetico percorso rivoluzionario. E’ solo un esempio del confuso rapporto tra masse e potere che per ora Grillo, uomo assai intelligente, non risolve ciondolando nel rispetto tra Putin e Trump. Ma qui a Ragusa queste inquietudini esistono, sono percepibili? Certamente sì, e sono la causa principale della sofferenze della città e dell’opposizione. Federico Piccitto inserito in un partito dalle idealità chiare sarebbe ineguagliabile amministratore di provincia – onesto, pragmatico, deciso, per niente attratto dall’ascesa sociale – e invece queste caratteristiche e qualità non fanno la differenza se la “narrazione” viene a mancare. E a Ragusa la narrazione c’è? Esiste solo quella virtuale, molto cliccata nei mi piace e a volte frutto di esaltazione che trae forza da quel che circola nel blog ufficiale e dalle apparizioni dei loro big. Materiale che non regge allo scontro con la realtà. E non è un caso che nella classifica sul gradimento dei sindaci italiani prevalga infatti la sola Appendino poiché a Torino il disfacimento della città industriale è compensato dalla organizzazione civica che restituisce speranza e vitalità che coniugate alla freschezza della prima cittadina e alla propaganda del movimento tengono in piedi il personaggio, ma qui, a Ragusa, qual è il modello sociale che ci viene proposto e su cui installare la baracca amministrativa? Quello industriale è sepolto, quello commerciale è collassato, quello imprenditoriale è agonizzante, quello turistico non vale un tubo altrimenti la Grecia e le Hawaii sarebbero solide come la Germania. E la giustizia sociale, e il welfare, e il passo europeo che dovrebbe distinguerci nonostante la collocazione mediterranea ci sono? Ogni proposta e progetto innovativo sono impraticabili, insostenibili, vuoi per la legge che non lo consente, vuoi per i mancati trasferimenti di danaro da parte dello Stato, e tutto è sempre rinviato a un domani di felicità quando prima Cancelleri e poi Di Maio saliranno al potere. Speriamo accada così rimarremo soddisfatti e pieni come quando ci si sveglia dopo un bel sogno. Nel frattempo nella notte insonne e ricca di angosce la fregatura si fa sentire e Piccitto precipita. Come ci si muove attendendo la rivoluzione? Insomma è un dramma per mancato Movimento. Dire stop totale al cemento, espropriare beni architettonici vuoti, dare in affitto a prezzi politici case e negozi, distribuire la terra a chi non ha più nulla… ci vuole la follia di una solida idealità però pendente a sinistra. I ragazzi cinquestelle che fanno la lotta su facebook e sghignazzano per Striscia la notizia, considerandola satira, e ammirano gli Amici di Maria purtroppo non sono inclini a questa cultura. Il Movimento assolutamente neogotico e draculiano per scenari apocalittici, fede negli spiriti – la tecnologia – terrore per i partiti che come mostri si nutrono del sangue dei cittadini, è giunto il momento che si abbandoni a una scelta di campo ideale per ritrovarsi vivo e concreto dopo il buio dei tempi. Al consiglio comunale di Ragusa questi cinquestelle si muovono ancora come dei pupazzi senz’anima; ci si illude a tratti della loro corporeità e allora ti avvicini, parli e speri nella loro presunta energia e invece ti si afflosciano davanti oppure per forza demoniaca con una mossa ti atterrano e ti offendono. Sembra di stare in un film di Dario Argento con protagonisti Tringali e la Zaara Federico che ti spuntano dalle pareti con voce agghiacciante e cerchi l’uscita e non sai dove trovare riparo! Ciononostante Federico Piccitto colma i vuoti. Così come l’intero movimento si dona a Beppe Il Piccolo padre che scalda il cuore (adorano la Russia!), anche a Ragusa il dubbio viene rintuzzato dall’obbedienza e venerano il sindaco e linciano la Marabita triturandola nella macchina che azzera problemi e perplessità e che spiana le contestazioni risolvendosi nella piattezza che impedisce profondità. E allora l’opposizione che chances ha in questo scenario? Pochissime: il mondo virtuale è prevalente e i cinquestelle su questo terreno vincono, gliel’ha insegnato Grillo, lo ha sperimentato con successo Ricci. A questo punto serve una differenza che emani un contenuto valido e duraturo e deve spuntare con violenza e sostanza e questo sentimento progettuale deve esporre la verità nella sua complessità. Ha fatto benissimo Maurizio Tumino, che rappresenta la conservazione ancora fedele alla classificazione per censo, a sputtanare il partito democratico che ha come riferimento Nello Dipasquale e che tramite Chiavola e D’asta ha provato il colpo ad effetto della sfiducia, senza possibilità, senza numeri, senza condivisione con gli organismi di partito… solo propaganda, ancora propaganda. Ma Tumino – intelligente, garbato, preparato – non possiede la giusta idealità, quella che pende lato cuore. Chiediamoci ossessivamente dov’è la sinistra ragusana quella interna al Pd e quella dei “cani sciolti”. Recuperarla sarà arduo e ancor più difficile sarà trovare sintesi in una persona candidabile o in un progetto che inglobi i temi e la rabbia dei cinquestelle. Insomma Piccitto che se la ride per i nuovi e per i vecchi mostri dovrebbe uscire dall’incantesimo del buon fanciullo – non ci crede più nessuno – non farsi travolgere dal delirio di onnipotenza che è insito alla legge che lo ha eletto e trovare strade di crescita e di libertà, confrontandosi nei programmi e intessendo relazioni politiche anche se i partiti non ci sono più, anche se il presente è pasticciato. Resistere alla realtà fa male e trastullarsi per la gogna alla Marabita è meschino. Uscire dall’ambiguità e insistere sulla politica premia: non è un caso che Pizzarotti piaccia ancora.